martedì 16 agosto 2011

L'ipocrisia italiana e la tragedia infinita

A metà degli Anni Novanta vivevo a Roma ed ogni anno morivano nelle baraccopoli capitoline tre ma anche quattro bambini. Il copione era sempre lo stesso il fuoco di una candela o di un braciere e il gelo della notte. Quattro anni fa, era il 10 agosto 2007, la tragedia di Livorno quando i quattro bambini romeni Eva, 11 anni, Danchiu, 8, Lenuca, 6, e Menji, 4, morirono carbonizzati nel rogo di Pian di Rota. I piccoli, sorpresi dal fuoco nel sonno, non ebbero neanche il tempo di fuggire, ed i loro corpi furono ritrovati carbonizzati dai Vigili del Fuoco nella baracca dove dormivano, anch'essa andata completamente distrutta dall'incendio. La scorsa settimana l'ennesima tragedia a Roma, questa volta un filo dell'elettricità. Ad oggi nessuno ha fatto un bilancio delle tragedie avvenute nei cosidetti "campi nomadi", dagli Anni Sessanta ad oggi, ma la mia sensazione è che sia impressionante.
Ogni volta ci si interroga ma nella stragrande maggioranza dei casi non cambia nulla perchè spendere soldi pubblici a favore di rom e sinti non porta consenso elettorale. A Roma qualcosa sta cambiando ma molto, molto lentamente. Gli sgomberi di piccole baraccopoli continuano, senza offrire un'alternativa abitativa alle famiglie sgomberate. A chi viene offerta un'alternativa, “i fortunati”, finisce in un “campo nomadi comunale”, dove per adesso non si muore ma nemmeno si può considerare un abitare con i requisti fissati dalla legislazione italiana per le abitazioni dei meno abbienti. A ciò si aggiunga lo stigma di abitare in un “campo nomadi” che porta a non trovare lavoro ma in molti casi ti viene anche negata la possibilità di avere una card per noleggiare un film, tanto per fare un esempio...
A Roma si è proceduto all'elezione dei rappresentanti del “campo nomadi” di via del Salone. Non è la prima iniziativa in tal senso (molti regolamenti degli Anni Ottanta e Novanta lo prevedevano) ma è forse la prima volta che viene realizzata in una struttura abitata da tante persone. Il problema di queste iniziative, oggi come allora, è che questa rappresentanza non ha mai avuto un potere decisionale, al massimo consultivo. Ma nemmeno la consultazione avviene in maniera sistematica, vedremo cosa succederà in via del Salone.
Non parliamo poi di attivare un servizio di mediazione culturale o anche solo di facilitazione culturale. Si attivano questi servizi solo se il mediatore o il facilitatore non è sinto o rom, pregiudicando di fatto qualsiasi iniziativa ma alcune realtà virtuose esistono (sperando che non siano travolte dai tagli alla spesa pubblica).
Ma ritorniamo al problema di fondo: spendere soldi pubblici a favore di rom e sinti non porta consenso elettorale. In questo momento ancora di più. Lo dobbiamo ammettere viviamo in una Società ipocrita che è incapace di rispettare le stesse leggi che produce. Quello che possiamo fare è denunciare questa ipocrisia senza sconti ma anche lavorare per spiegare agli italiani le ricchezze culturali di cui sono portatori i sinti e i rom. Ricchezze che sono state fondamentali per la costruzione della cultura italiana ed europea e che non possiamo permetterci di perdere. di Carlo Berini

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