Oggi, lunedì 24 ottobre dalle ore 16, rappresentanti della Consulta Rom e Sinti di Milano saranno presenti davanti a Palazzo Marino (in foto) in occasione della riunione del consiglio comunale.
Dopo le notizie di stampa che parlavano di un nuovo “piano rom” concordato in una riunione tra ministro degli interni e prefetto di Milano all’inizio di ottobre, è aumentata ancora la preoccupazione delle comunità rom e sinte regolari che da troppo tempo non hanno nessuna certezza del loro futuro, mentre proseguono gli sgomberi delle comunità irregolari in condizioni che saranno rese ancora più drammatiche per l’inizio della stagione fredda. Ma su come affrontare l’emergenza umanitaria delle famiglie sgomberate, di questo nuovo piano, dell’uso che verrà fatto del Fondo sociale europeo destinato alle comunità rom e sinte i diretti interessati non sanno ancora nulla.
Per queste ragioni la Consulta che sta preparando una analisi e un progetto per le singole realtà, oggi conegnerà al sindaco e al consiglio comunale un documento dettagliato con le proprie osservazioni, le proprie proposte e richieste a partire dalla trasparenza sull’uso del finanziamento e dal proprio diritto di essere interlocutori privilegiati nelle scelte che ci riguardano.
Di seguito il documento che verrà distribuito anche ai giornalisti presenti.
Al sindaco di Milano, Giuliano Pisapia; alla giunta comunale di Milano; al consiglio comunale di Milano. E per conoscenza al Commissario per Diritti umani del Consiglio d’Europa, Thomas Hammarberg; Segretario generale per le questioni rom del Consiglio d’Europa, Jeroen Schokkenbroek
Scriviamo come Consulta dei Rom e dei Sinti di Milano che, come sapete, si è costituita nel giugno di quest’anno in rappresentanza delle diverse comunità rom e sinte presenti sul territorio comunale con l’obiettivo di contribuire alla soluzione della cosiddetta questione rom con proposte e la partecipazione attiva al confronto con le istituzioni.
Notizie di stampa annunciano modifiche, anche dettagliate, al “piano Maroni per i rom di Milano” finanziato dal Fondo sociale europeo senza che gli interessati ne sappiano nulla. Questo aumenta la nostra preoccupazione per l’incertezza sul futuro di comunità che da più di un anno sono sottoposte a una pressione costante di annunci di chiusura di campi senza sapere perché, come e con quali prospettive. Per questa ragione, dopo gli incontri avuti con la nuova amministrazione nel giugno e nel luglio scorsi, ci sembra opportuno chiedere di considerare alcune questioni e fare alcune richieste.
Le amministrazioni che si sono succedute finora hanno sempre delegato i problemi che hanno riguardato le comunità rom e sinte alle associazioni del privato sociale con le quali hanno stipulato contratti per la gestione dei campi. Questo ha escluso la partecipazione di rom e sinti e il loro contributo privilegiando la cultura dell’assistenza anziché della responsabilità. Al prevalere di una logica di contenimento e di marginalizzazione si sono aggiunte discriminazione e ostilità, senza che si realizzassero mai politiche che favorissero la convivenza della comunità zigana con la cittadinanza. Così i campi regolari sono diventati ghetti ai quali dal 2008 è stato applicato un regolamento prefettizio che limita le libertà delle persone, causa espulsioni con motivazioni in contrasto con il diritto nazionale e internazionale, come la retroattività della pena e la responsabilità collettiva e non personale di fronte alla legge.
Per i campi irregolari c’è stata una vera e propria persecuzione con continui sgomberi che hanno infierito su famiglie, senza che questa scelta modificasse sostanzialmente la presenza dei rom e dei sinti che, come da censimento prefettizio del 2008, rimangono circa 1200 nei campi regolari e circa 800 nei campi irregolari, in compenso ha approfondito la discriminazione nei confronti delle comunità rom e sinte.
Chiediamo anche di considerare che le comunità rom e sinte sono tra loro diverse pur essendo legate da una cultura e da una lingua comuni, perciò diverse possono e debbono essere le soluzioni che le riguardano. Questo è fondamentale per realizzare una convivenza armoniosa nel seno di una comunità più grande. Riteniamo che questo è un obiettivo da perseguire se si vuole rispettare l’identità di un popolo che ha attraversato secoli di discriminazione e di persecuzione mantenendo intatta la consapevolezza di sé e se si vuole che questa convivenza sia anche un arricchimento delle rispettive culture. Questo significa certo, nel momento in cui si chiede rispetto per sé, rispettare gli altri che ci accolgono per quanto riguarda le loro leggi e il loro modo di essere.
Alla nuova amministrazione che sembra attenta all’inclusione chiediamo di prestare particolare attenzione al valore che per noi ha essere coinvolti in quanto comunità a pari titolo delle altre comunità, all’esigenza di non essere considerati un problema di ordine pubblico, di sicurezza (rom e sinti sono le prime vittime degli atti contro la legge che come tali vanno perseguiti), ma piuttosto un problema di politiche sociali adeguate a garantire una effettiva sicurezza. Oggi questo popolo ultimo nella scala sociale è anche ultimo nell’essere considerato in grado di autorappresentarsi.
Essere interlocutori vuol dire per noi anche essere responsabili: non vogliamo essere considerati bambini da prendere per mano da chi crede di poter pensare e agire per noi. Vogliamo che all’assistenza si sostituisca la responsabilità, cioè la nostra dignità di uomini e donne uguali agli altri in grado di pensare e fare proposte.
1. In primo luogo chiediamo che cessi la politica dell’emergenza e di lavorare insieme a un progetto che dia certezze al futuro dei rom e dei sinti e dei loro figli, condizione necessaria perché finisca il clima di caccia allo “zingaro”, la discriminazione e la ghettizzazione delle nostre comunità e premessa per una convivenza pacifica e sicura per tutti. Il finanziamento di 13 milioni di euro che proviene dal Fondo sociale europeo costituito da e per le comunità rom e sinte d’Europa era stato destinato dalla giunta precedente alla chiusura di 5 campi regolari (4 milioni) e a interventi sulla “sicurezza” (9 milioni). Questo progetto non è stato mai discusso con le comunità rom e sinte coinvolte, ma concordato con le associazioni che gestiscono i campi. Noi rifiutiamo questa politica che non risolve i nostri problemi come si è visto in tutta evidenza con la chiusura del campo di via Triboniano, un vero fallimento perché non offre nessuna vera alternativa al campo, ma soluzioni provvisorie inefficaci, tanto è che la maggior parte di queste famiglie si trova ora nella condizione di irregolarità e si aggiunge alle altre che girano per il territorio milanese inseguite dagli sgomberi. A noi spetta il diritto di avere assoluta trasparenza di come siano stati utilizzati finora questi 13 milioni di euro e di essere interlocutori in una ridiscussione di un progetto finanziato per realizzare politiche di tutela e inclusione delle comunità rom e sinte. Chiediamo per questo anche la vigilanza da parte del Consiglio d’Europa e del suo Commissario per i diritti umani perché questi soldi siano finalizzati in armonia con le disposizioni della Comunità europea. Perciò il primo obiettivo della Consulta è quello di rendere i rom e i sinti interlocutori effettivi delle politiche sociali che li riguardano, avendo interlocutori certi che li mettano in grado di esprimersi, di fare proposte e chiedere rispetto dei diritti come dei doveri con la costituzione di un tavolo permanente di confronto.
2. Far cessare la politica dell’emergenza vuol dire in primo luogo sospendere gli sgomberi senza soluzioni e senza assistenza che hanno tormentato centinaia di famiglie: 540 sgomberi in 3 anni, un ben triste primato, hanno colpito sempre le stesse persone, costrette a spostarsi da un posto all’altro in condizioni di un sempre ulteriore degrado che colpisce più di tutti i minori che oltre a tutto il resto perdono anche il diritto alla scuola. Questa scelta, la cui ragione principale era mantenere costante la paura nei confronti dello “zingaro”, oltre al costo sociale altissimo ha avuto anche un costo economico rilevante, superiore ai 5 milioni di euro di danaro pubblico. Ora, all’inizio della stagione fredda, continuare in questa politica, oltre che inutile e costoso sarebbe ancora più crudele. Per questo chiediamo una moratoria agli sgomberi fino alla fine dell’inverno, una deroga perché nei ricoveri comunali si possano ospitare le famiglie senza dividere donne e bambini dagli uomini e che nel frattempo si cerchi insieme soluzioni possibili.
3. Impegnarsi per l’inclusione per noi significa valorizzare le risorse umane delle nostre comunità, sia nella gestione organizzativa ed economica delle realtà presenti sul territorio comunale, sia sulla costruzione di un rapporto di scambio sociale e culturale con le istituzioni e con la cittadinanza, e soprattutto intervenendo sulla base per ogni vera inclusione: il lavoro. Lo “zingaro” come è ultimo nella scala sociale, lo è anche nella scala con cui si misura il valore del lavoro: chi di noi lavora, per lo più in nero perché lavori stabili sono solo quelli più pericolosi come lo smaltimento dell’amianto, percepisce la paga più bassa, dopo rumeni, marocchini, ecc. Si stanno per aprire i cantieri di Expo 2015, una importante occasione anche per la nostra comunità, mentre le 3 cooperative rom finora costituite stanno per chiudere per mancanza di commesse da parte dell’amministrazione. Come in occasione della costruzione della fiera di Rho, ma in condizioni di regolarità, chiediamo a questa amministrazione di essere coinvolti con le nostre capacità per il valore che ha il lavoro sul piano economico che certo è determinante ma anche sul piano dell’inserimento sociale, del contrasto al pregiudizio e alla discriminazione della comunità più antica del nostro territorio.
Certi della vostra attenzione rimaniamo a vostra disposizione con la speranza di aprire un percorso di lavoro comune sulla base anche delle proposte che la Consulta ha già elaborato con le singole comunità.
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