Non nasciamo razzisti, né lo
diventiamo nei nostri primi anni di vita. Anzi, da piccoli, davanti a
persone dal colore della pelle diverso dal nostro, non abbiamo alcun
sussulto, emozionale o razionale, e tantomeno avvertiamo paura,
timore, rabbia o aggressività.
A dimostrare che il razzismo non è
nella nostra natura infantile ha lavorato un team di ricercatori in
neuroscienze della University of California, sede di Los Angeles:
come è accaduto in passato per studi di questo genere, ha usato lo
strumento della risonanza magnetica per verificare quali cambiamenti
intervenivano nell’area cerebrale di chi si è sottoposto al test.
Questa ricerca si inserisce nel
dibattito, molto acceso e datato, sulle origini del razzismo che
negli anni ha visto confrontarsi almeno due teorie opposte: la prima
che legava questo sentimento alla socializzazione, la seconda che
invece tendeva a mostrare come la xenofobia sia innata in ognuno di
noi. E proprio a convertire questo secondo pensiero – che il
razzismo sia dentro di noi – arriva la ricerca di Eva Telzer (in foto) e di 3colleghi della Ucla, appena pubblicata sul Journal of Cognitive Neuroscience.
L’analisi ha riguardato 32 bambini
americani, tra i 4 e i 16 anni di età. Tra loro variavano le origini
razziali: ve ne erano con antenati europei, asiatici, africani. I
giovani sono stati sottoposti a imaging a risonanza magnetica (MRI)
nel momento in cui visionavano un catalogo fotografico, composto da
immagini di persone dal colore della pelle uguale e poi differente
dal loro. di Eva Perasso, continua a leggere...
Nessun commento:
Posta un commento