venerdì 30 novembre 2012

San Martino, un gadžo straordinario

L’11 novembre si celebra in Occidente la figura di Martino di Tours, nato in Pannonia (l’attuale Ungheria) nel 316 o 317 e morto l’8 novembre 397. La commemorazione di Martino, fatto santo dalla Chiesa cristiana per la sua vita di uomo straordinario e per i miracoli che gli furono attribuiti, avviene nel giorno della sua sepoltura presso Tours (Francia), l’11 novembre 397, appunto.

In quanto figlio di un ufficiale dell’esercito romano, Martino all’età di 15 anni fu costretto dalla consuetudine dell’epoca ad affrontare la carriera militare. Si arruolò, pertanto, nell’esercito e fu inviato in servizio in Gallia. Proprio nell’odierna Francia avvenne il fatto che cambiò per sempre la sua esistenza. Mentre andava a cavallo, un giorno incontrò un mendicante seminudo, che pativa i tormenti del freddo invernale. Impietosito, egli decise di tagliare a metà il suo mantello di cavaliere per donarne una parte al povero errabondo. Il mendicante ringraziò, commosso, e Martino, ebbro di riconoscenza e affetto, tornò al suo percorso. Tuttavia, quella notte, dopo che si era coricato, gli apparve in sogno Gesù, che parlava con queste parole, dolci d’amore: “Ecco qui Martino, il soldato romano che non è battezzato, egli mi ha vestito”. Quando Martino si svegliò, vide il suo mantello nuovamente integro e capì di dover approfondire questo mistero inspiegabile. Abbandonò per sempre la carriera militare e si dedicò allo studio e all’ascolto della parola di Dio.

Prescindendo dall’aspetto religioso della vicenda, che è importante (per chi ci crede!) ma non essenziale, la qualità di Martino che emerge in maniera più fulgida è proprio la carità verso il prossimo. Martino riconosce nel mendicante la dignità di un uomo che va rispettata e tutelata, l’occasione che il destino gli ha dato di salvare un suo simile in grossa difficoltà. Dunque, egli decide di donare una parte di sé (l’anima) e la metà del suo mantello, segno distintivo della ricchezza cavalleresca. Perché è con l’aiuto a chi soffre da solo che l’uomo può eternare la propria esistenza a dispetto della morte, garantendosi una fetta di paradiso, nascosto proprio nella luce degli occhi di chi beneficia della nostra solidarietà.

Se Martino avesse vissuto nella nostra epoca, magari avrebbe scritto queste parole…

di Stefano Airoldi

4 commenti:

Anonimo ha detto...

Bellissimo titolo! Sono onorato di aver collaborato con la vostra fantastica associazione!!

u velto ha detto...

Grazie Stefano!!

Anonimo ha detto...

Ho scritto un nuovo post molto interessante:

http://letterariamenteblog.wordpress.com/2012/12/11/la-tautologia-della-paura-rom-e-gage/

Se lo ritenete opportuno, lo potete pubblicare? Grazie, siete belli!

Anonimo ha detto...

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