lunedì 11 marzo 2013

Reggio Calabria, si toglie la vita perchè non trova lavoro

Dramma a Reggio Calabria, si toglie la vita Luigi Berlingeri sopraffatto dalla crisi economica. Lo ricorda Giacomo Marino presidente dell'Opera Nomadi di Reggio Calabria che spiega come la crisi stia attanagliando una comunità, quella dei rom italiani, già provata dallo stato di emarginazione e ghettizzazione.

Luigi, un uomo di 46 anni padre di sette figli, lunedì scorso si è tolto la vita.

Era una persona dal carattere mite che ha sempre lavorato . Da ragazzo ha imparato il mestiere del carpentiere edile e del muratore e d’allora ha lavorato in questo settore. Le ditte che l’hanno conosciuto sapevano che si trattava di un lavoratore serio e capace.

Molto giovane si sposa e forma la sua famiglia dalla quale nascono tre figli. Dopo qualche anno arriva la separazione, ma i rapporti restano sempre buoni. Luigi continua a lavorare e a prendersi cura dei suoi figli anche a distanza. Si rifà una famiglia con una nuova compagna dalla quale avrà quattro figli.

Luigi dà il massimo per la nuova famiglia, ma anche per i figli del primo matrimonio. Non perde una giornata di lavoro. Durante i giorni di festa o quando ha qualche giorno libero fa piccole riparazioni per proprio conto per integrare il salario.


Con il sacrificio del suo lavoro riesce a far fronte alle esigenze di tutti i figli, ristruttura, un po’ alla volta, la sua abitazione e compra qualche mobile per renderla ancora più bella . Con il suo lavoro non fa mancare nulla a casa.

Ma da qualche mese, con l’acuirsi della crisi economica, comincia a lavorare di meno. Quello che guadagna non è più sufficiente per provvedere ai bisogni della sua famiglia, come ha sempre fatto. La crisi è veramente molto dura e nell’edilizia ha colpito molto forte.

Il fatto di abitare nel ghetto di Ciccarello palazzine, dove gli svantaggi sociali si sommano e non si riesce ad ottenere alcun aiuto economico, ha sicuramente peggiorato la situazione.

Negli ultimi giorni era molto triste. Il suo dolore silenzioso lo ha portato alla tragica decisione di porre fine alla sua esistenza. Lo ha fatto con una corda al collo e lasciando un biglietto con il quale si è scusato con i suoi familiari .

Luigi era un uomo onesto e laborioso della nostra città e un membro della comunità rom. Era uno dei tanti rom che lavorano duramente per portare il pane a casa con il sudore della propria fronte. Apparteneva a quella maggioranza onesta di cittadini rom di cui nessun parla.

Quella maggioranza costituita da uomini e donne che lavorano e che, come tutti gli altri cittadini, soffrono per la crisi attuale. La loro sofferenza è però più forte, perché sono costretti, come altre persone escluse, ad affrontare la crisi dallo stato di emarginazione in cui sono stati “relegati” .

Il gesto drammatico di Luigi va letto, anche, come una richiesta di aiuto, alla quale è necessario dare una risposta. Prima di tutto bisogna pensare alla sua famiglia , la moglie e i figli, soprattutto i più piccoli. Non devono essere lasciati soli di fronte a questo dramma umano.

Va fatta, poi, una seria riflessione sulla necessità di togliere dai ghetti questi nostri cittadini.

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