martedì 14 maggio 2013

Mahalla, razzismo e antirazzismo... ma poi mi sono perso!

Leggevo un articolo di Valeriu Nicolae (interessante come sempre, purtroppo non ho tempo per tradurlo). Tra la situazione rumena e quella italiana ci sono naturalmente grosse differenze, ma anche similitudini, che vale la pena di approfondire.
 
Il pezzo inizia così: "Ritengo che l'effetto più perverso del razzismo non sia la disumanizzazione né la violenza (entrambe sono difatti punite dalle leggi di molti paesi), ma l'abbandono collettivo, a volte parziale e altre completo, delle nostre auto-percepite (superiori alla media) moralità ed etica in favore del pregiudizio..."
 
Pezzo interessante, dicevo, e da qua vorrei partire per ulteriori ragionamenti. Quello che noi "gagé antirazzisti" abbiamo sempre denunciato è il razzismo che percepiamo nel nostro intorno, il motivo della denuncia può essere morale, solidale, politico... fa parte comunque dei nostri codici.

L'esperienza mi ha insegnato, e possiamo trovarlo anche in molti casi descritti, è che il razzismo influisce sulla vittima (che non sempre condivide i nostri codici e la nostra cultura), non solo con la violenza diretta e indiretta, ma spesso (non sempre) anche nell'auto-percezione che la vittima ha di sé come persona e come parte di una comunità.
 
La persona volonterosa quindi, che faccia parte di una maggioranza o di una minoranza, quando intende operare in senso antirazzista, non può limitarsi a contrastare i razzisti, ma finisce per confrontarsi con gruppi discriminati, che finiscono per ritenere la discriminazione verso di loro come una cosa normale e perpetuabile. Così da parte di questi gruppi si mettono in moto meccanismi di difesa che per "la nostra cultura" sono deleteri o inaccettabili: dal giustificare il furto come una forma di rivalsa sociale, all'accettare di vivere di assistenza e carità. di Fabrizio Casavola, continua a leggere su Mahalla...

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