Pubblichiamo la nota dell'ASGI, pubblicata ieri, dopo il
primo voto alla Camera dei deputati alla proposta di legge in materia
di contrasto all’omofobia e alla transfobia. L'appello al
Parlamento italiano dell'ASGI, a cui si associa l'associazione Sucar Drom, afferma: non abbassate gli standard di protezione penale
contro le forme di istigazione alla discriminazione razziale.
Nell'ambito del
dibattito sulla proposta di legge in materia di contrasto
all’omofobia e alla transfobia sulla base del testo unificato
ripreso in aula alla Camera dei Deputati che prevede la modifica
all’art. 3 della legge 13 ottobre 1975, n. 654 (la c.d. “Legge
Reale” di ratifica ed esecuzione della Convenzione contro il
razzismo adottata dalle Nazioni Unite a New York nel 1966) suscita
preoccupazione la serie di emendamenti presentati in aula alla
proposta di legge, che intenderebbero apportare la precisazione per
cui “non costituiscono discriminazione, né istigazione alla
discriminazione, la libera espressione e manifestazione di
convincimenti od opinioni riconducibili al pluralismo delle idee,
purché non istighino all’odio o alla violenza, né le condotte
conformi al diritto vigente”.
Tale precisazione troverebbe attuazione
nei confronti di tutti ‘fattori’ protetti dalla normativa (quello
etnico-razziale, nazionale, religioso, o fondato sull’omofobia o la
transfobia).
Quanto proposto, se venisse approvato,
potrebbe tuttavia introdurre elementi di forte ambiguità nella
effettiva possibilità di perseguire penalmente forme di istigazione
alla discriminazione che, pur non facendo ricorso ad un linguaggio
esplicitamente inneggiante all’odio o alla violenza, pur sempre
esprimano sentimenti di rigetto, pregiudizio e di ostilità nei
confronti di determinati gruppi sociali identificati secondo le
categorie ‘protette’ dalla norma.
Si pensi a titolo di esempio all’uomo politico che sostenga
pubblicamente che nella gestione di una crisi aziendale e della
conseguente eccedenza di personale, si dovrebbero innanzitutto
licenziare i lavoratori stranieri; o che le professioni sanitarie
dovrebbero essere precluse alle persone omosessuali; o che ad un
aderente alla fede islamica non dovrebbero essere consentito di fare
il poliziotto o l’insegnante.
Se così fosse, l’Italia verrebbe meno ai suoi obblighi derivanti
dall’adesione e ratifica alla Convenzione ONU sull’eliminazione
di ogni forma di discriminazione razziale che richiede agli
Stati membri di reprimere penalmente tra l’altro l’incitamento
alla discriminazione razziale, non solo dotandosi di norme penali
appropriate, ma anche applicandole effettivamente (“To satisfy
these obligations, State parties have not only to enact appropriate
legislation but also to ensure that it is effectively enforced”
Committee on the Elimination of Racial Discrimination, General
Recommendation XV on art. 4 adopted by the Committee at its
forty-second session (1993)).
L’introduzione del contenuto di tali
emendamenti non parrebbe nemmeno molto appropriato ed opportuno
politicamente nel momento in cui il Consiglio europeo si appresta
entro la fine del novembre 2013 a valutare il comportamento degli
Stati membri UE nella lotta al razzismo e alla xenofobia, nell’ambito
innanzitutto delle misure adottate o in vigore per conformarsi alle
disposizioni della Decisione quadro 2008/913/EC del 28 novembre 2009
sulla lotta contro talune forme di espressione di razzismo e
xenofobia mediante il diritto penale.
E’ certamente preoccupante il fatto
che il Parlamento italiano incontri così tante difficoltà ad
adottare misure che combattano, anche sotto il profilo penale, forme
di ‘hate crimes’ e ‘hate speech’ che siano espressione di
omofobia e transfobia.
L'adeguamento della normativa penale
contro i reati ispirati a omofobia e transfobia è stato auspicato
dalla Raccomandazione del Comitato dei Ministri del Consiglio
d’Europa (2010)5. Ormai più della metà dei Paesi membri
dell’Unione europea hanno inserito nella propria legislazione
penale la proibizione dell’incitamento all’odio fondato
sull’orientamento sessuale e l’identità di genere e hanno
incluso l’intento omofobico o transfobico come una circostanza
aggravante di un reato commesso (mente nel testo unificato licenziato
dalla Commissione Giustizia della Camera dei Deputati l’aggravante
per omofobia o transfobia è stata cancellata dal provvedimento);
segno che il contrasto di ogni forma di violenza, odio e
discriminazione fondati sull’omofobia o transfobia costituiscono un
valore ormai largamente condiviso in Europa.
Si auspica, dunque, che nella revisione
della normativa sui crimini di odio al fine di introdurre forme di
protezione e contrasto dei reati motivati da omofobia e transfobia,
non vengano introdotte norme che possano abbassare o compromettere
gli standard e gli obblighi internazionali relativi alla lotta contro
la discriminazione razziale.
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