In queste settimane stiamo assistendo
probabilmente ad una svolta nelle politiche attuate dallo Stato
italiano nei confronti dei Cittadini italiani, appartenenti alla
minoranza linguistica sinta e rom, nei confronti dei Cittadini
immigrati e apolidi, appartenenti alla minoranza rom. Una svolta lanciata da Matteo Salvini
della Lega Nord nella vincente campagna elettorale xenofoba e
recepita pochi giorni fa dal Ministro Alfano con le parole
pronunciate dopo un vertice con l'ANCI (in foto), guidato dal Sindaco di
Torino, Piero Fassino. Un cambio di rotta che sembra ben delineato
nel centro-destra, mentre nel centro-sinistra, a livello nazionale,
c'è un silenzio che evidentemente è un tacito assenso. Anche se è
da sottolineare che a livello locale il centro-sinistra ha posizioni
che possiamo definire “sfumate”.
Prima del 2007 c'è un completo
disinteresse dei politici nazionali alla situazione delle persone
appartenenti la minoranza rom e sinta, nel 2008 si afferma a livello
nazionale la politica della reclusione. Complice la migrazione di
poche migliaia di persone dalla Romania, il Governo italiano decreta
la cosiddetta “emergenza nomadi” prima nel Lazio, Lombardia e
Campania e poi in Veneto e Piemonte. L'obiettivo è la costruzione di
mega insediamenti lontano dalle Città, dove segregare rom e sinti in
situazione di povertà, rieducarli con le cosiddette politiche di
inclusione. Le famiglie sono obbligate a firmare un documento, i
famosi “patti di legalità e socialità”, dove vengono imposte
sanzioni discriminatorie come ha sentenziato in seguito la
Magistratura. Roma è stata campionessa di questa politica nazionale
ed è sotto gli occhi di tutti com'è andata finire... La politica
dell'emergenza e dei patti di legalità viene demolita con una
sentenza definitiva dalla Magistratura con queste parole: infondata,
immotivata e illegittima. Nella recente legislazione
precostituzionale l’unico analogo esempio di trattamento
discriminatorio nei confronti di una popolazione identificata su base
etnica è quello riferito alle cd. leggi razziali, che tra il 1938 e
il 1939 hanno portato alla persecuzione degli ebrei (Cherchi, Loy,
2009).
Al pronunciamento della Magistratura il
Governo italiano nel 2012 ha risposto con l'adozione del documento
“Strategia nazionale d'inclusione dei rom, dei sinti e dei
camminanti” dopo sollecitazione pressante della Commissione
europea. Un documento condiviso dalle principali associazioni sinte e
rom perchè per la prima volta in Italia contiene tre affermazioni
storiche: i sinti e i rom sono una minoranza linguistica; la
partecipazione diretta di sinti e rom è imprescindibile; si devono
superare i “campi” con attivazione di soluzioni partecipate con
gli stessi sinti e rom. Purtroppo la Strategia non è stata
finanziata ed è stata lasciata la sua applicazione alla volontà
delle Regioni. Dopo tre anni il risultato è disastroso, si pensi per
esempio che tutte le Regioni del Nord Italia sono inadempienti. Per
comprendere il clima che si respira, si pensi che in Regione
Lombardia la considerano discriminatoria nei confronti dei lombardi,
come se i sinti e rom non fossero lombardi...
Oggi, dopo la campagna razzista della
ruspa di Salvini, ci si prepara ad un ritorno al passato, ma in
maniera diversa perchè la discriminazione non si presenta mai con la
stessa faccia. Il Ministro dell'Interno Alfano afferma: "Ai nomadi proponiamo un programma di assegnazione di luoghi più civili nei quali vivere. Chi non lo vorrà fare, oltre ad abbandonare comunque i campi, dovrà lasciare l'Italia". Considerando che la
stragrande maggioranza dei sinti e dei rom sono Cittadini italiani,
ci si chiede dove andranno i “cattivi” che non accetteranno le
proposte alternative? Si noti che mentre la Strategia nazionale
smonta lo stereotipo del rom o del sinto “nomade”, il Ministro
usa questa parola con disinvoltura.
Ma chiediamoci quali sono le proposte
alternative? A questa domanda risponde Piero Fassino, presidente Anci e promotore dell'incontro al Viminale di qualche giorno fa. Secondo
il Sindaco di Torino le soluzioni sono tre: comunità alloggio, case
protette, strutture gestite dalle associazioni del Terzo settore.
Quindi di fatto luoghi di rieducazione. E chi non accetta di essere
rieducato viene cacciato, ricordate la ruspa... Naturalmente
ritorneranno i cosiddetti “patti di legalità” già sanzionati
dalla Magistratura come discriminatori, ecco cosa dichiara Fassino:
“La condizione per il trasferimento è che accettino un patto di
emersione. Devono mandare i bambini a scuola, fare una vita normale,
rispettare la legge”. Tradotto il pensiero Fassino suona così: i
rom e sinti hanno comportamenti anormali e quindi devono impegnarsi a
diventare normali se vogliono uscire dai “campi”.
Ma non è tutto, alla domanda: e chi
vuole vivere un roulotte? Fassino risponde: «Penso a campi
attrezzati ma senza lo scempio delle baracche arrugginite. Con un
minimo di infrastrutture. E anche qui il rispetto assoluto della
legalità». Tradotto: rifacciamo i “campi”, ma siccome vivere in
roulotte presuppone illegalità, noi faremo rispettare la legalità.
Nel frattempo continuano a fioccare le
ordinanze di sgombero nei confronti delle migliaia di famiglie sinte
e rom che negli ultimi trent'anni per uscire dai cosiddetti “campi”
hanno acquistato piccoli appezzamenti di terra per vivere con la
propria famiglia allargata. Rarissimi i Comuni che hanno osservato
quanto richiesto dalla Strategia nazionale, ovvero la
regolarizzazione urbanistica tali proprietà.
A questa svolta sembra essersi piegata
anche la Commissione straordinaria per la tutela e la promozione dei
diritti umani del Senato, presieduta da Luigi Manconi. La Commissione
ha organizzato per il 9 luglio un convegno dal titolo "Si può
fare. Superamento dei campi: esperienze a confronto". Nessun
leader rom e sinto invitato. Interverranno sette rappresentanti di
Amministrazioni comunali. Spicca la presenza dei dei rappresentanti
dei Comuni di Roma, Milano, Torino e Napoli, dove notoriamente si
sono fatte importanti esperienze di superamento dei cosiddetti
“campi”... (sic!)
Quali conclusioni trarre? Lo Stato
italiano e i suoi rappresentanti istituzionali sono incapaci di
ritenere le comunità sinte e rom pensanti e quindi li esclude
sistematicamente dalle decisioni. Lo Stato italiano e i suoi
rappresentanti istituzionali sono incapaci di uscire dall'equazione
rom e sinti = stranieri e di conseguenza a rom e sinti si negano i
diritti sanciti dalla Costituzione, a partire dall'articolo 6. Lo
Stato italiano e i suoi rappresentanti istituzionali sono incapaci di
uscire dall'equazione rom e sinti = asociali e quindi si obbligano
alla rieducazione in strutture apposite. I Governo italiano e i suoi
rappresentanti istituzionali, vogliono migliorare la specie umana,
come rileva Tommaso Vitale, allontanando i rom e sinti considerati in
sé portatori di difetto. di Carlo Berini e Radames Gabrielli
3 commenti:
Non ho ancora capito se la bellezza della vita dei sinti e dei rom dipende dalla tradizione e dalla cultura o dipende - almeno per quelli meno abbienti - dall'essere e dall'essere stata per molti e per molti anni una vita di sussistenza.
Nessuna delle due cose. E' una questione di diritto. Le persone appartenenti alla minoranza linguistica sinta e rom devono avere il riconoscimento dello status di minoranze. E puoi leggere la nostra proposta a questo indirizzo lexsintirom.blogspot.com.
La cultura espressa dalla minoranza sinta e rom non è monolitica. E' una cultura viva in continuo cambiamento nel confronto con la cultura maggioritaria. Non è ne bella ne brutta, è una cultura.
Il problema di chi è nato e vissuto nei cosiddetti "campi nomadi", circa il 30/40% dei sinti e dei rom in Italia, è complesso. Il problema vero è che politiche serie solo in pochi territori sono state approntate.
Faccio un esempio. A Venezia con lo scoppio della guerra nel Kossovo c'eran circa 400 richiedenti protezione, appartenenti alla minoranza rom. Sono stati strutturati due campi. In due anni sono stati smantellati, alcuni sono tornati in Kossovo mentre altri sono stati inseriti nel lavoro e nelle case. C'è bisogno della volontà politica.
A me pare che la volontà politica sia quella di "governare" i rom e i sinti.
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