Il 21 aprile scorso la Gazzetta di Mantova ha pubblicato una lettera dal titolo “Le colpe dei padri
ricadono sui figli” a firma di Maria Cleofe Adani in cui si propone
di togliere i figli dalle famiglie rom (vedi foto). Di seguito la
risposta a firma di Carlo Berini per l'associazione Sucar Drom,
pubblicata ieri 28 aprile dalla quotidiano di Mantova.
Gentile Direttore,
la lettera a firma Maria Cleofe Adani,
pubblicata venerdì 21 aprile, insegue una proposta razzista che dal
27 marzo viene propinata all'opinione pubblica da opinionisti e
politici, come ad esempio Alessandro Cecchi Paone e Flavio Tosi. La
proposta è agghiacciante: togliamo i figli e le figlie alle mamme
rom se compiono un reato. In sintesi solo se sei una romnì e compi
un reato devi subire una doppia pena: andare in carcere e vederti
tolta i figli. Una chiara discriminazione su base
etnico/razziale diretta contro le persone appartenenti alla minoranza
linguistica rom e sinta. Se non sei una romnì e compi un reato non
ti verranno sottratti i figli.
La proposta della Adani è ancora più
fanatica e propone di sottrarre i bambini alle famiglie rom se questi
rubano le caramelle o se sono troppo vivaci sul treno. Rubare le
caramelle ed essere molto vivaci è già segno di asocialità, come
prevedeva la cosiddetta “pedagogia zingara” che utilizzava le
tesi degli scienziati della razza nazisti e veniva attuata nella
scuola italiana fino a pochi anni fa.
La Adani propone qualcosa che è già
stato praticato dal 1768 con il primo editto di Maria Teresa
d'Austria: rapire i bambini alle famiglie rom. Un paradosso visto lo
stereotipo della “zingara rapitrice” che alberga purtroppo ancora
nella cultura italiana.
Ma è vero che ai rom non vengono
sottratti i bambini? No, tutto il contrario. Nello studio di quasi
600 pagine di Carlotta Saletta Salza "Dalla tutela al Genocidio? Le adozione dei minori rom e sinti in Italia (1985-2005)",
commissionato dalla Fondazione Migrantes all’Università di Verona,
una famiglia sinta o rom, a parità di condizione con una famiglia
non rom, ha il 17% di probabilità in più che le vengano sottratti i
figli, ma tale probabilità si alza al 40% se la famiglia vive a
Roma.
Nella lettura dello studio, pubblicato
sette anni fa dal CISU di Roma, si scopre che i circa duecento casi
riscontrati di dichiarazione di adottabilità denunciano un grave
“pregiudizio” -così come inteso dal codice civile- nel quale si
troverebbe questa volta non il minore rom, ma il contesto
istituzionale che ruota intorno a quella che dovrebbe essere la
tutela di qualsiasi minore. Una tutela dalla quale il minore rom,
paradossalmente, resta escluso.
La situazione è così grave che tutte
le Istituzioni internazionali denunciano che sinti e rom vivono in
una condizione di grave discriminazione sistemica, ovvero che pervade
tutta la società italiana (operatori della giustizia compresi). Lo
stesso Governo italiano è stato costretto nel 2012 a riconoscere che
i cittadini e le cittadine italiane appartenenti alla minoranza
linguistica sinta e rom sono “spesso discriminate, emarginate e stigmatizzate”.
Non contenta la Adani nella sua sua
lettera arriva ad associare una minoranza linguistica con
un'organizzazione criminale come la mafia e in un crescendo sempre
più violento afferma che le famiglie rom insegnano ai loro figli a
rubare, molestare, picchiare e violentare.
Chiedo a Lei, Signor Direttore, se non
fosse il caso di stigmatizzare con una nota a margine le istigazioni
all'odio contenute nella lettera?
E chiedo alla “maestra” Adani come
riconosce una famiglie di “nomadi”? Io che faccio parte di
un'associazione di sinti e rom dal 1987, non ho mai visto o
conosciuto un “nomade” e non saprei proprio come riconoscere per
strada un sinto o un rom che già non conosca personalmente.
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