L'associazione di promozione sociale
Cittadinanza e Minoranze ha inviato alla Sindaca Raggi e
all'Assessora Baldassarre la seguente lettera con la quale si
richiama l'Amministrazione di Roma Capitale all'osservanza delle
norme del Diritto Internazionale ricordando che in caso di violazioni
può intervenire la Corte Europea dei Diritti Umani, come avvenuto in
passato.
Signora Sindaca e Signora Assessora,
apprendiamo con molta preoccupazione
che sarebbe stata fissata al prossimo 30 Settembre la chiusura del
Campo River. I motivi di preoccupazione sono almeno tre.
Il primo e più assillante riguarda la
futura collocazione delle numerose famiglie che risiedono nel campo.
Non è noto né quale sarebbe, né con quali criteri e procedure sia
stata individuata e se e come gli/le interessate, cioè le oltre 400
persone che vi abitano, siano state coinvolte nella decisione. Non
vorremmo, ma temiamo, che il trasferimento avvenga con il solito
deprecato metodo del “prendere o lasciare” come se non si
trattasse di cittadini e cittadine, cui la Carta Sociale Europea, La
Carta dei Diritti Umani e la Costituzione Italiana riconoscono ben
individuati diritti. E’ ben noto che tale metodo è illegale,
tant’è che la Corte Europea dei Diritti Umani lo persegue.
La nostra preoccupazione è aggravata
dal fatto – ed è questo il secondo motivo del nostro allarme - che
la chiusura del River è presentata come uno dei primi atti di
attuazione del “Piano di indirizzo di Roma Capitale per
l’inclusione delle Popolazioni Rom, Sinti e Caminanti”. Ma non
risulta che essa rientri in un percorso posto in essere per la
riabilitazione dei componenti delle famiglie residenti e la loro
responsabilizzazione; percorso imprescindibile se si vuole davvero
operare per la inclusione sociale di persone costrette a vivere per
un lungo periodo in condizioni di apartheid.
La chiusura del campo, avulsa da una
strategia volta ad integrare pienamente nei diritti di cittadinanza
minoranze che ne sono state sinora escluse, fa apparire il
superamento dei “campi” previsto dal Piano dell’Amministrazione,
come ispirato da motivi di decoro e di ordine pubblico e
dall'opportunità di rispondere alla comprensibile esigenza di
“sicurezza” della società maggioritaria, piuttosto che
dall'obiettivo di promuovere uno scatto di civiltà dell’intera
comunità cittadina, ponendo fine a vergognose pratiche di
discriminazione razziale.
Non sono questi gli obiettivi della la
Strategia Nazionale cui il Piano Comunale dice di ispirarsi.
Un terzo motivo di preoccupazione
riguarda la mancanza di una seria presa in carico da parte del Comune
del ruolo e delle responsabilità che l’attuazione della Strategia
comporterebbe. Lo attesta il fatto che il Tavolo Comunale, del quale
era stata annunciata la costituzione, in realtà è inoperante,
sicché è preclusa la partecipazione sia delle comunità Rom Sinti e
Caminanti, sia dell’associazionismo e dei Municipi ad una
approfondita discussione per la messa a punto delle azioni da
svolgere per l’attuazione a livello comunale della Strategia
Nazionale,
Sono in ballo dunque questioni di
enorme importanza, quali il rispetto del Diritto Internazionale,
l’attuazione di valori fondativi della nostra Costituzione, la
qualità stessa della nostra democrazia. Per quel che ci riguarda
saremmo disponibili ad una seria e fattiva collaborazione qualora se
ne presentassero le condizioni che allo stato non appaiono; faremo
comunque di tutto per impedire che problemi di esclusione e di
emarginazione continuino ad essere affrontati in termini di ordine
pubblico.
Il presidente, Marco Brazzoduro
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