Ieri abbiamo
pubblicato la lettera aperta firmata da molte delle associazioni
sinte e rom, tra cui Sucar Drom, che chiedeva alla cultura e alla
politica di pensare alle persone e alle e ai leader appartenenti alla
minoranza linguistica come protagonisti pensanti e non come oggetto
di studio o di scontro politico. Il tutto nasce dall'organizzazione
di un convegno a Lecce sull'inclusione dei rom in cui non erano invitati leader ed intellettuali rom e sinti. Oggi pubblichiamo la
lettera dell'International Centre of Interdisciplinary Studies on Migration, inviataci da Antonio Ciniero.
Il prossimo 22 e il 23 novembre si
svolgerà, a Lecce, un convegno sul tema dell’inclusione,
esclusione e diseguaglianze sociali che investono i gruppi rom,
organizzato dall’International Centre of Interdisciplinary Studies
on Migrations e dal Dipartimento di Storia, Società e Studi
sull’Uomo dell'Università del Salento. Il convegno sarà dedicato
alla riflessione sugli effetti innescati dalle politiche, dagli
interventi pubblici (e non pubblici) e dai processi socio economici
sulle dinamiche di inclusione/esclusione dei gruppi rom.
A tal fine, il comitato scientifico ed
organizzativo del convegno ha individuato studiosi, esperti e
attivisti – rom e non rom – che sul tema conducono da anni lavori
di fondamentale importanza per il dibattito pubblico e scientifico, e
rappresentanti istituzionali. Di particolare interesse gli interventi
di operatori culturali e artisti, tra cui quello di Claudio Cavallo
Giannotti, fondatore del gruppo musicale Original Mascarimirì,
discendente di un’antica famiglia rom e coautore del film
Gitanistan - Lo Stato immaginario delle famiglie rom salentine, che
ha saputo declinare inedite narrazioni raccontando come, sul
territorio della provincia di Lecce, si sono storicamente articolati
i processi di interazione tra famiglie rom e famiglie non rom.
Sebbene, infatti, in vari ambiti
prevalga una visione che essenzializza e reifica l’immagine dei
gruppi rom secondo un copione culturale che ascrive caratteristiche
quasi fisse e immutabili ad una presunta cultura rom, la storia dei
diversi gruppi rom è una storia profondamente connessa con quella
dei luoghi in cui hanno vissuto, ed è una storia di reciproca
influenza e interazione, una storia che ha preso direzioni diverse
(persecuzione, esclusione, assimilazione, scambio), proprio a seconda
della diversità dei contesti e delle politiche e degli interventi
(pubblici e non) in quei contesti adottati.
La notizia del Convegno ha suscitato
molto interesse ed entusiasmo, tuttavia ha anche innescato una serie
di violenti attacchi e accuse diffamatorie nei confronti degli
organizzatori e dei partecipanti al convegno ad opera di Santino
Spinelli, musicista e membro di alcune associazioni rom. Secondo le
dichiarazioni di Spinelli, il Convegno sarebbe stato organizzato con
i metodi che hanno portato al sistema di “Mafia Capitale”. Dopo
queste accuse, si è passati alla diffusione di una lettera aperta, a
firma di alcune associazioni rom, che lamenta la mancata presenza
della “voce dei gruppi rom”.
Cosa non corretta, a meno che, nella
concezione dei firmatari, per partecipazione dei rom, o “voce dei
gruppi rom” non si intenda esclusivamente la partecipazione alla
sfera pubblica delle realtà e delle persone che sottoscrivono la
lettera. La lettera, tra le altre cose, si apre con una (presunta)
frase di Gandhi, e ci rammarica constare che nessuno ha detto
pubblicamente una sola parola sulla violenza e sulla gravità delle
parole di Spinelli.
In realtà, il focus del Convegno non è
dedicato al complesso mondo rom, né alle rappresentazioni culturali
o alle possibili forme di partecipazione e rappresentanza, ma alla
riflessione sugli effetti innescati dalle politiche, dagli interventi
pubblici (e non pubblici) e dai processi socio economici sulle
dinamiche di inclusione/esclusione dei gruppi rom.
La violenza verbale sviluppatesi dopo
la diffusione della notizia del Convegno, e la successiva presa di
posizione di alcune associazioni rom, consente comunque di riproporre
un vecchio, irrisolto e consolidato tema negli studi sulla
partecipazione delle minoranze alla sfera pubblica: chi parla a nome
di chi? Quale soggetto ha più titolo di parlare rispetto ad un
altro? Solo i rom possono parlare di “questioni rom”? E se si,
quali rom sono legittimati a farlo? Un vecchio dibattito, quello se
la conoscenza debba privilegiare forme di sapere insider o outsider.
Essere membri di un gruppo o di una categoria o essere estranei ad
essi, ha conseguenze sul piano delle possibilità di conoscenza?
Esistono posizioni sociali che si traducono direttamente in
prospettive intellettuali predeterminate? L’interazione che ha
luogo tra gruppi e/o categorie diverse, e la possibilità di capire
sé stessi e gli altri, è tale da condizionare il sapere in modo
sostantivo?
A questo punto, tali domande – e
qualche risposta - troveranno sicuramente spazio anche nel Convegno
di Lecce. Così come ci si augura che in seguito su queste questioni
si possano trovare, con i firmatari della lettera aperta, il modo e
le sedi per un confronto civile e sereno. Con loro e con chiunque
altro abbia interesse a riflettere su partecipazione, rappresentanza,
dinamiche politiche e processi di empowerment, anche e soprattutto
all’interno delle comunità rom oggi in Italia.
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