Chi fa una cosa per me, senza di me
è contro di me
Mahatma Gandhi
Il 22 e 23 Novembre a Lecce si
svolgerà un importante convegno organizzato dall’ ICISMI. Tema: Inclusione,
esclusione e diseguaglianze sociali - Politiche interventi pubblici e processi
socio-economici nel contesto europeo - Il caso dei gruppi rom. Autorevoli i relatori e importante
la partecipazione politica. Manca solo la voce “dei gruppi rom”, ridotti a
“caso”, come sempre. Utilizziamo perciò questa occasione per richiamare
l’attenzione della cultura, della politica e dell’informazione su un tema per
noi fondamentale: la partecipazione di rom e sinti al dibattito e al confronto
pubblico culturale e politico.
In questi anni le comunità romanì
italiane stanno facendo lo sforzo di uscire dalla condizione di marginalità
nella quale sono state costrette da oltre trent’anni di politiche
assistenziali. Relegato ai margini anche fisici della società, costretto a
occupare gli interstizi di un mondo ostile nel quale la caccia allo “zingaro” è
diventato vantaggio politico, il popolo romanì ha costruito momenti di
aggregazione e di organizzazione, con fatica e difficoltà per la stessa
propria articolazione e complessità e per il pesante svantaggio culturale di
decenni di assistenzialismo avvantaggia gli assistenti e deprime gli assistiti.
E delle cose sono successe: sono
nate associazioni e federazioni rom e sinte, cresce un’Alleanza romanì, rete di
giovani, presso l’UNAR è stato costituito il Forum RSC che raggruppa le
associazioni rom e sinte, dalle università escono laureati delle nostre
comunità, a livello europeo è stato costituito un Istituto di cul-tura romanì, tutti
percorsi per sviluppare consapevolezza di sé e del valore della nostra cultura
e della ne-cessità di un suo riconoscimento istituzionale. Un percorso non
facile né lineare ma chiaro su un punto: l’autodeterminazione sia del percorso
sia delle scelte che lo devono accompagnare.
In questo arco di tempo sono stati
infiniti i convegni e i dibattiti organizzati da personalità della cultura e
della politica più o meno illustri sulla “questione rom” che hanno visto
sistematicamente esclusa la voce di rom e sinti, per non parlare delle
trasmissioni televisive condotte da “giornalisti” unicamente rivolte a
de-monizzare le comunità rom e sinti. Averlo segnalato e denunciato non è
servito a molto perché ancora in occasioni come questa, nonostante molti dei
partecipanti hanno seguito e sanno del percorso in atto tra le nostre comunità,
sembra ripetersi il rito di quelli che “sanno” che spiegano a quelli che “non
sanno”.
Noi sappiamo benissimo che ogni
battaglia di emancipazione ha bisogno di alleati anche nel campo degli
oppressori e che solo la coscienza collettiva del diritto all’esistenza di una
minoranza rende questo diritto praticabile, ma sappiamo altrettanto bene che
nessuna emancipazione è possibile senza il protagonismo di i chi è oppresso.
Noi sappiamo che la condizione del
popolo romanì è a una svolta, allo sterminio fisico tentato nel corso dei
secoli si è sostituita una forma di sterminio culturale che assume forme
diverse: da chi pretende l’assimilazione del nostro popolo, a chi ci nega il
riconoscimento della storia e della cultura, al logoramento e al degrado morale
di chi vive segregato ai margini fisici e spirituali della società.
Noi ci opponiamo a questo e lo
facciamo con le nostre forze e con il sostegno di chi condivide il nostro
tentativo. Per questo non accettiamo che ci siano convegni con “dotti” che ci
spiegano chi siamo, o che, per analisi pure importanti, ci utilizzino come
oggetti da catalogare definendo a quale gruppo apparteniamo e dove collocarci
nella scala dell’evoluzione sociale. Anche quando si parla di inclusione ed
esclusione dobbiamo renderci conto che il primo percorso che ostacola
l’inclusione è proprio quello di escluderci come interlocutori e diciamo pure
anche come “esperti” delle condizioni in cui noi siamo.
Vorremmo perciò che si evitasse il
rischio dell’esercizio autoreferenziale e soprattutto vogliamo impedire che
questo esercizio condizioni, come purtroppo si rischia su temi cruciali (dagli
attacchi alle leggi regionali, al riconoscimento della minoranza, alla questione
della segregazione), la nostra esistenza e il nostro futuro.
Per questo ci rifiutiamo di essere
oggetti di studio, e chiediamo di condividere percorsi che si incrocino e si
confrontino sia sull’analisi generale, sia sui singoli aspetti che riguardano
la condizione delle comunità romanì e il loro futuro nel contesto nazionale ed
europeo.
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