L’8 Aprile di ogni anno ricorre la
Giornata Internazionale dei Rom e dei Sinti. La data ricorda il primo
congresso internazionale organizzato a Londra l’8 Aprile del 1971.
Nell’occasione furono scelti la bandiera - una ruota con diciannove
raggi per significare le molteplici minoranze su campo azzurro per il
cielo e verde per la terra - e l’inno “Dijelem Dijelem”,
composto, dal musicista Jarko Jovanović, che
scrisse il testo adattandolo ad una melodia tradizionale. Nel brano
sono presenti riferimenti al Porrajmos.
L'anno scorso, in
occasione del quarantaseiesimo della giornata, ripubblicammo un testo
di Gustavo Zagrebelsky la via dell'interazione che si interrogava su
come affrontare la sfida della convivenza tra differenti culture,
ovvero come superare le politiche fallimentari della separazione
(campi nomadi) e dell'integrazione (universalismo).
Tema, la
convivenza tra culture, molto dibattuto in questi mesi anche
nell'associazionismo e tra i ricercatori universitari che si dividono
tra l'etnicizzazione e l'universalismo. Erano da più di dieci anni
che questo dibattito era sopito dopo la dissoluzione dell'Opera
Nomadi nazionale e alla nascita dell'associazionismo sinto e rom,
grazie al documento mantovano NOVE TESI per l'Assemblea Nazionale
dell'Opera Nomadi costruito attorno ai concetti di partecipazione,
interazione e mediazione.
In questo breve testo parlerò del tema
dell'interazione così come l'avevamo pensato e pubblicato due anni
prima dell'intervento di Zagrebelsky.
La prima tesi affronta la questione
delle discriminazioni di cui sono vittime le persone appartenenti
alla minoranza linguistica sinta e rom. Fino alla fine degli Anni
Novanta era praticamente impossibile parlare nell'associazionismo pro
rom e sinti -a quel tempo l'associazionismo sinto e rom era
praticamente inesistente- di tutela legale contro le discriminazioni.
Negli Anni Ottanta e Novanta si erano affermati concetti di
uguaglianza tra sinti e non sinti e rom che portavano di fatto a
diseguaglianze e a discriminazioni. Tali discriminazioni non venivano
portate nei tribunali anche in presenza di una legislazione ben
decodificata in ambito penale.
La seconda tesi aggredisce le politiche
di integrazione ovvero la reductio ad unum, la funzionalizzazione,
seppur non nel senso dell'eliminazione, delle alterità ad un unico
progetto a cui le persone appartenenti alla minoranza linguistica
sinta e rom non avevano partecipato. E su questo concetto si afferma
nella seconda tesi che le persone devono essere considerate
protagoniste sociali pensanti. Si consideri che nelle associazioni
pro rom e sinti di rilievo nazionale mai è stato eletto al vertice
un appartenente alla minoranza. Al massimo potevi e puoi tuttora
aspirare a diventare vice presidiante.
La terza tesi, sempre sul tema
dell'interazione, afferma la necessità del riconoscimento dello
status di minoranza linguistica. Un riconoscimento a minoranza
linguistica che già da allora era chiaro dovesse passare da un legge
ad hoc per non cadere vittime nella trappola territorialistica della
Legge 482/99. Nella stessa tesi si denuncia la politica
dell'emergenza che ha portato dall'inizio degli Anni Novanta alla
creazione dei grossi insediamenti, lontani dalle città.
Oggi si riapre il dibattito su
questioni che pensavo superate perché evidentemente
fallimentari. Faccio un esempio, non riconoscere l'appartenenza alla
minoranza linguistica può portare una bambina o un bambino sinto
o rom in difficoltà a scuola, a subire una certificazione
neuropsichiatrica in cui si dichiarano problemi di apprendimento,
quando al contrario nella stragrnade maggioranza dei casi le sue difficoltà non sono di apprendimento ma
di essere in una scuola dove le e gli insegnanti non conoscono la
sinta cib. di Carlo Berini
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