Siamo ad un mese dallo “sgombero”
dell’area comunale attrezzata di via Lazzaretto e
dall’allontanamento dalle proprie dimore delle numerose famiglie di
cultura sinta che vi risiedevano. Siamo in presenza di un’azione
volta a discriminare e negare l’esistenza di una minoranza
linguistica, di un’azione volta a rifiutare l’inclusione sociale
di questa comunità.
L’amministrazione appellandosi in
modo strumentale ad un “legalismo” astratto, crede di potere
risolvere i “problemi della città” negandoli o spostandoli
altrove. Abdicando così al proprio ruolo, non rispettando né la
Costituzione, né le leggi italiane ed europee. L’oneroso costo
dello sgombero è ormai stato di svelato, e siamo solo all’inizio.
Al di là della cifra esatta, tanti soldi potevano essere utilizzati
diversamente, per aiutare i concittadini in difficoltà, per le
sempre urgenti manutenzioni delle scuole, per progetti culturali, per
la promozione della nostra città e in parte forse anche per il
superamento in positivo delle condizioni di regolarizzazione ed
integrazione riferite al campo.
Ci sono anche i costi sociali:
l’incremento della marginalità, la difficoltà creata alla
frequenza dei minori alle scuole (che è un obbligo ma pure un
diritto), l’ulteriore aumento del numero dei cittadini che non
hanno una casa in una città dove l’emergenza abitativa è
altissima e le risorse che il comune può mettere a disposizione
ridottissime rispetto alle reali necessità. Di fronte a 69 cittadini
gallaratesi, l’amministrazione tutta non può fare come Ponzio
Pilato e lavarsene le mani dopo avere creato il problema. Oggi
l’amministrazione deve dimostrare di avere coraggio, di essere
capace di affrontare i problemi e di cercare una soluzione. Di dare
risposta a chi tra breve non avrà più dove andare in conseguenza
delle scelte attuate dal Comune.
Occorre attivare azioni concrete che
diano alloggi dignitosi a chi ha diritto a rimanere a Gallarate,
perché qui residente proprio come a tutti gli altri cittadini
gallaratesi in difficoltà, che ugualmente non trovano risposte
adeguate da parte dell’amministrazione. Diverse famiglie sinte
hanno richiesto da oltre un mese un alloggio di emergenza, senza
ricevere neppure una risposta. Non si è trattato di rivolgersi
semplicemente al comune, perché in questi mesi si sono attivate per
ricercare soluzioni alternative, quelle soluzioni che avrebbero
dovuto esserci prima dello sgombero, che siano rispettose delle norme
e anche della propria volontà di vivere in una comunità. Come sanno
tutti quelli che vivono di lavoro precario, non è facile trovare
case in affitto con buste paga che oggi ci sono e domani chissà.
L’amministrazione comunale, i servizi
sociali, gli enti preposti, senza qui entrare nel merito degli
obblighi di legge, di fronte a questa situazione, hanno l’obbligo,
per lo meno morale, di verificare ed attivare ogni percorso utile ad
individuare e rendere praticabile una soluzione dignitosa. Nel
contempo sarebbe auspicabile, a tutela di propri cittadini, che
vengano ricercati e richiesti attivamente dalla amministrazione
comunale, fondi europei, nazionali e regionali per sostenere una
progettualità condivisa. Oggi occorre affrontare l’emergenza,
creata dalla decisione dell’amministrazione comunale, con
attenzione alla tutela dei diritti delle categorie deboli, nella
salvaguardia della unità dei nuclei familiari. Una città che lascia
per strada dei bambini e degli anziani, qualunque sia la loro
cultura, o provenienza, che rompe legami familiari e relazioni, non
può dirsi civile.
A perdere saremmo tutti non solo le
famiglie sinte. Per questo le associazioni continueranno ad operare
per contribuire a trovare le possibili soluzioni, per favorire la
convivenza e il rispetto reciproco nella nostra città, per tutelare
i diritti delle minoranze e dei cittadini in difficoltà.
Rete delle associazioni gallaratesi
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