Il Trentino Alto Adige è diventato un modello da seguire per quel che riguarda la convivenza con le minoranze linguistiche. I Mòcheni e i Cimbri al pari dei ladini, sono qui tutelati sotto il profilo istituzionale e politico, tuttavia le due comunità sono poco conosciute. È dunque necessaria un’opera di valorizzazione e promozione della loro cultura e delle loro lingua per garantirne la sopravvivenza. Ce ne parla Marco Viola, dirigente del servizio per la promozione delle minoranze linguistiche per la Provincia autonoma di Trento.
Dottor Viola, quali sono le caratteristiche delle due comunità dei Cimbri e dei Mòcheni? «Ambedue le minoranze linguistiche, quella della Valle dei Mòcheni e quella di Luserna sono di origine germanofona ossia parlano un tedesco molto antico. I Cimbri sono stati i primi ad arrivare nel nostro territorio, poco dopo l’anno 1000, e sono frutto della migrazione di popolazioni tedesche che dalla Baviera e dal Tirolo sono scesi verso Sud e il territorio di Verona e si sono stanziati sull’altopiano di Asiago. Mentre però le popolazioni dell’altopiano di Asiago e della Lessinia veronese pur avendo la coscienza di essere cimbri hanno perduto la loro lingua, l’antico cimbro è rimasto vivo ancora in questo paesino trentino che è Luserna. In base all’ultimo censimento fatto nell’intera provincia di Trento, quelli che si sono dichiarati cimbri - perché da noi esiste anche questa possibilità - sono circa 800 ma i residenti a Lucerna sono appena trecento e di questi non tutti parlano il cimbro. Questo per dire che siamo ben al di sotto dei numeri per la sopravvivenza di una lingua indicati dall’Unesco. Nonostante ciò la comunità resiste fiera, mantiene la sua lingua e la promuove. Proprio Sei mesi fa è stata pubblicata la prima grammatica cimbra, un avvenimento straordinario per questa piccola comunità».
Cosa ci dice invece dei mòcheni? «Nel Trentino orientale ai confini con la provincia di Vicenza, c’è una piccola valle straordinariamente bella, incontaminata che è la valle dei mocheni (Bersntoler), attraversata dal torrente Fersina. Sono pochi comuni che contano un migliaio di abitanti. I mocheni son arrivati in Trentino intorno al 1300/1400 attirati dal lavoro delle miniere. Originariamente questi bravi lavoratori tedeschi si sono insediati nella valle e hanno dato ad essa una struttura abitativa tedesca costruendo i loro tipici “masi” (fattorie) e assumendo la forma di paese diffuso e non aggregato come i nostri. In questa valle i Mòcheni hanno mantenuto la loro identità, hanno costruito un importante Museo, hanno reso abitabile un antico “maso”, hanno ripristinato l’antico mulino ad acqua e poi a 1700 metri di altezza hanno reso praticabile una antica miniera che ripropone il loro lavoro originario. Tutti luoghi oggi resi visitabili per far conoscere le loro tradizioni».
Come esprimono le due comunità la loro etnia? «L’intensità della difesa e della volontà di mantenere viva la lingua e la loro identità è sostanzialmente la stessa, diverse sono le caratteristiche con cui si esprime questa intensità. Luserna è più aperta agli influssi italiani e perciò ha dovuto resistere di più per mantenere la lingua. La Val dei Mòcheni invece è più isolata e per molti versi questo isolamento ha rappresentato un vantaggio per la difesa della loro etnia. Voglio ricordare però che ambedue le comunità nel secondo dopoguerra, quando la cultura dominante non era aperta e sensibile alle minoranze linguistiche, hanno ricevuto aiuto dalla Baviera. Ossia molte associazioni bavaresi hanno dato concreto sostegno economico per le iniziative atte a salvaguardare la sopravvivenza dell’etnia cimbra e mòchena».
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