“Una mazzata”, lo sgombero dal Residence Bravetta, avvenuto ieri all’alba, per Castel Costantinescu. La ragazza, 29 anni, ha alle spalle un lungo e travagliato percorso di uscita dalla vita del “campo nomadi”, per offrire ai figli - quattro, il più piccolo di cinque mesi - una possibilità di riscatto sociale: “I miei figli vanno tutti a scuola. Per crescerli bene, al riparo dalla vita della strada, ho lasciato la mia famiglia nelle baracche e mi sono trasferita al Residence Roma”.
La sua famiglia, quella che lei ha creato, stanotte ha dormito all’aperto, su un marciapiede di via Bravetta: scatoloni e buste con gli effetti che ha portato via dal suo piccolo appartamento sono allineate sul marciapiede, custodite dal marito e dalla suocera che dormono lì accanto, sistemati su due coperte di lana.
Niente e’ stato facile per Castel -che tutti conosco come Narcisa- e anche il destino sembra aver congiurato contro di lei: “Ho perso un figlio, di otto mesi: è morto per un’insufficienza respiratoria. Era cardiopatico”. Non la malattia, ma le condizioni di estrema precarietà igienica del residence è la causa, per Castel, della morte del bambino:
“L’aria lì dentro era irrespirabile: pensavo che lo sgombero di ieri servisse a trovare una sistemazione migliore, invece ci hanno lasciato per la strada. Quelli del Comune mi hanno detto: sistemiamo i bambini da qualche parte, ma per te e tuo marito bisogna aspettare”.
Castel non c’è stata. Per troppo tempo si è dovuta guardare dai servizi sociali: “Mi seguono, cercano una scusa qualunque per potermeli portare via”, dice guardando i suoi bambini.
Una mazzata, lo sgombero, nel momento in cui le cose per Castel e la sua famiglia sembravano mettersi per il meglio: “Avevo trovato un buon lavoro: faccio la domestica in una famiglia. Tutto in regola”. Prende la borsa tra gli scatoloni allineati sul marciapiede e ne estrae un certificato di lavoro dell’Inps. In mezzo al certificato la foto del figlio scomparso: “Cos’altro vogliono portarmi via?”.
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