Il primo giocatore di calcio sinto italiano che ha il coraggio di dichiararsi, al contrario di molti altri, di appartenere alla minoranza italiana più numerosa e discriminata fa tutto in nove minuti. La casacca gialla, l’urlo di Novellino: «Dai Riki, tocca a te», il sorpasso biancoceleste e lo scatto in quota per la rete mai vista.
Il mondo del numero 28 granata si è messo improvvisamente a girare come una giostra impazzita, colori e velocità che, per Riki, hanno un sapore familiare. «Vivo a Torino, sono torinese e del Toro fin dalla nascita», riesce a sussurrare il giovane Vailatti, impaurito più dalle telecamere del dopo gara che dai tacchetti dei giocatori di Lotito.
Torinese di nascita, papà Natale e mamma Maura sono espressione di un gruppo etnico, i Sinti, che significa, in cifre, la minoranza italiana più numerosa e discriminata. Lui, Riki, sa che all’inzuccata vincente ha mandato fuori di testa dalla gioia «tutti quelli che mi vogliono bene e sono una moltitudine». Vivono nel capoluogo piemontese, ma «io sono di Torino», punto e basta.
Giostrai, addestratori di cavalli, giocolieri nei piccoli o grandi circhi, la famiglia del centrocampista d’oro del Toro appartiene ai primi. «La dedica è per loro, per mamma e papà», così, tutto d’un fiato, Vailatti quando ha appena ritrovato il respiro dopo la magia nel cuore della ripresa. «Non riuscivo a trovare l’aria, non uscivano le parole. Ho corso come un pazzo fino a cercare Jimmy (Alberto Fontana, ndr). Sto sognando, non svegliatemi: in albergo, davanti alla tv che mosterà il mio gol, scoppierò in lacrime».
Lacrime e paura. Lacrime che suonano come una rivincita per un giovane che aveva deciso di scommettere sul granata anche in tempi bui, all’indomani del fallimento. «Scelsi di continuare a giocare con la maglia della squadra dove ho cominciato a 6 anni e mezzo. La rete dell’Olimpico - così Riki - mi restituisce quanto ho perso con la A conquistata sul campo e sparita a tavolino due estati fa. Non so cosa mi riserverà il futuro, adesso sto volando».
Lacrime e paura. Timori per la prima volta in una conferenza stampa affolata e lontano da casa. «Ma quanto dura? Cosa devo dire? Parlerò in diretta?», ci chiede Riki a venti metri di distanza dai microfoni in attesa. «Novellino mi ha regalato certezze che non avevo mai avuto. In ritiro - accenna un sorriso Vailatti - mi ha comunicato che credeva in me e lo stesso discorso lo ha fatto al presidente Cairo. Così, eccomi qua a raccontare la mia favola».
Riki parla, a Torino fanno festa. Lui, sulla giostra è salito per non scenderne più. «Per noi giovani è difficile trovare spazio e gloria, ma io ci proverò accompagnato dalla forza di tutti quelli che hanno sempre creduto in me. Quando - precisa Vailatti - il tecnico mi ha indicato il campo non ho capito più niente». Una rete al debutto fra i grandi, due se il signor Celi non avesse fischiato un contatto (dubbio) nel traffico in area fra Ventola e Zauri: tutto in nove minuti, dalla panchina alla gloria. «Avete visto che bravo il ragazzo? Novellino ha già vinto la sua prima scommessa...», gongola il patron granata, Urbano Cairo. Il resto lo farà la storia di Tommaso, da anni per tutti Riki come lo chiamano mamma Maura e papà Natale.
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