Il Residence Bravetta chiude i battenti, e questa volta probabilmente per sempre. Dopo le evacuazioni e le demolizioni degli ultimi 17 mesi, all’alba del 23 agosto è stata sgomberata anche la quinta palazzina, l’ultima ancora occupata in quello che era diventato il simbolo dell’emergenza abitativa capitolina. Ora saranno gli operai della società Mezzaroma, proprietaria dello stabile, a mettere in sicurezza l’edificio. A effettuare l’operazione - su richiesta del Comune in accordo con la Prefettura sono stati gli agenti della polizia di Stato, i carabinieri e la polizia municipale di Roma.
«Nel residence - ha spiegato il vicecapo di Gabinetto del sindaco, Luca Odevaine - c’erano circa 180 senegalesi, 7 marocchini, 5 mauritani, 250 rom in prevalenza romeni e 9 famiglie italiane. Tutti avevano il permesso di soggiorno, probabilmente gli irregolari sono andati via nei giorni scorsi perché a quanto ci risulta i senegalesi erano circa 400». Odevaine ha poi aggiunto che «non c’è stata nessuna resistenza da parte degli occupanti, perché erano consapevoli che sarebbero andati ad abitare in strutture migliori per la maggior parte situate nell’VIII Municipio» (A Tor Vergata, in un immobile da tempo destinato all’assistenza alloggiativa). Una precisazione, quella del vicecapo di Gabinetto, giunta dopo gli attimi di tensione che avevano seguito l’arrivo delle forze dell’ordine: mentre la maggior parte degli immigrati veniva trasferita a bordo di sei pullman all’Ufficio stranieri della Questura per la prima identificazione, altri si erano opposti cospargendosi di benzina. Poco dopo le 13 inoltre, circa 100 persone si erano sedute in via di Bravetta bloccando il traffico.
«Nell’area - ha annunciato il sindaco Veltroni - nascerà un quartiere con edilizia residenziale e asili nido secondo un programma concordato con il presidente del Municipio».
Durante la conferenza stampa Veltroni ha anche affrontato la questione dei Rom rumeni: «Bisogna che delle persone rimpatrino. Lo dico con nettezza all'ambasciatore e con molte fermezza a tutti: bisogna favorire il rimpatrio, visto che abbiamo trovato le condizioni per farlo».
Il sindaco ha fatto infatti riferimento ai «circa 1500» posti di lavoro disponibili in Romania «offerti sia da aziende rumene che italiane». «Le persone - ha sottolineato il primo cittadino - vanno via dal loro Paese perché non hanno lavoro. Se il lavoro nel loro Paese c'è, è giusto che rimpatrino». Il sindaco ha insistito dunque sull'appello alle «autorità rumene». «Voglio ribadire che il loro ingresso in Europa è un di più di responsabilità cui sono chiamate. Per quanto ci riguarda non abbiamo compiti specifici, se non per la sicurezza sociale. Dal punto di vista istituzionale la nostra attenzione è massima».
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