venerdì 12 ottobre 2007

Mendicavano con bimbi in braccio, denunciate da CC

Il 9 ottobre 2007 l’Ansa ha lanciato la seguente agenzia “nomadi: mendicavano con bimbi in braccio, denunciate da CC”: i Carabinieri della Compagnia San Pietro hanno denunciato in stato di libertà tre cittadine romene di 23, 21 e 17 anni, con l'accusa di accattonaggio con uso di minori. Le tre donne, appartenenti al “campo nomadi” di Ponte Mammolo, via Cesarini e via Nomentana, ieri pomeriggio, sono state sorprese dai militari a mendicare, impietosendo i passanti, con in braccio i figli di pochi mesi di vita.
Noi di sucardrom siamo sempre intervenuti contro lo sfruttamento dei bambini che devono essere tutelati e godere dei diritti enunciati nella Convenzione Internazionale sui Diritti dell'Infanzia, approvata dall'Assemblea Generale delle Nazioni Unite il 20 novembre 1989. Fermo restando che sarà il Tribunale di Roma a pronunciarsi, crediamo che in questo caso specifico si debbano fare alcune considerazioni.
Innanzitutto in Italia "mendicare in luogo pubblico o aperto al pubblico" non è reato (l'art. 670 c.p. è stato abrogato), ma lo è avvalersi per mendicare di un minore di anni quattordici o permettere che mendichi o che altri se ne avvalgano (art. 671c.p., vigente) e questo per tutelare il minore e impedire che subisca gli stimoli negativi derivanti e dipendenti dall'attività di accattonaggio. Peraltro la Corte di Cassazione ha più volte ribadito (sentenze nn. 2597, 11863 e altre) che l'accattonaggio da parte di un adulto con il bambino neonato in braccio non è perseguibile penalmente, proprio perché il piccolo non è utilizzato direttamente nell'accattonaggio e non è in grado di percepirne gli aspetti diseducativi, né concretizza gli estremi del delitto di maltrattamenti in famiglia e verso i fanciulli (art. 572 c.p.) salvo che non si realizzi in situazione di pericolo o degrado.
L’insediamento di Rom rumeni a Ponte Mammolo è sorto alle cronache nazionali, dopo gli attacchi razzisti avvenuti alcune settimane fa. Questo ha permesso, anche se in maniera superficiale, di conoscere la situazione di quella comunità rom: baraccata in mezzo al fango.
Ora un’Amministrazione Comunale, rispettosa delle Leggi italiane, sarebbe intervenuta, attraverso i servizi sociali, per conoscere la situazione e tutelare i minori. Si sarebbero attivati gli interventi, ritenuti più idonei, assicurando l’unità della famiglia, come prescritto dalla legislazione.
Uno di questi strumenti può essere anche l’accesso al servizio di asilo nido. Se però i genitori avessero rifiutato la loro collaborazione e avessero negato qualsiasi soluzione per la tutela dei minori, è dovere dei servizi informare il Tribunale dei Minori ed intervenire perché l'interesse superiore dei bambini deve costituire oggetto di primaria considerazione.
Noi di sucardrom ci chiediamo: l’Amministrazione Comunale ha osservato la legge?
Nei tanti casi osservati in circa trent’anni di attività, abbiamo rilevato che tutti questi interventi non vengano realizzati, di fatto discriminando i bambini rom, in spregio alla stessa Convenzione Internazionale sui Diritti dell' Infanzia.
Infatti una madre e un padre che devono procacciare giornalmente il sostentamento a questi bambini anche chiedendo l’elemosina, in mancanza di altre fonte, dove possono lasciare i figli?
In questo particolare caso, dopo gli attacchi razzisti, si pensa che le donne con i bambini se la sentano di rimanere da sole a “casa” mentre gli uomini vanno ad esempio a lavare i vetri delle macchine?
Il problema è che comunque la si giri è inevitabile non osservare una disparità di trattamento per questi bambini e per le loro mamme.
La povertà mette in discussione qualsiasi tipo di diritto. Quindi ai bambini e ai loro genitori va garantita la possibilità di arrestare quel circolo vizioso della miseria, di segregazione e pregiudizio nel quale sono costretti a vivere.
I bambini hanno bisogno di cure, non solo quelle della famiglia ma di tutta la comunità e da parte delle istituzioni: occorrono quindi progetti di cura, non basati sulla sostituzione della famiglia e sulla contrapposizione ma sull'interazione.
In tutti i centinaia di casi dove siamo intervenuti i minori in pochi giorni non accompagnavano più i genitori a chiedere l’elemosina anche utilizzando strumenti innovativi come un servizio i asilo nido gestito dalle stesse donne rom a turno. Contemporaneamente si sono costruiti percorsi di inserimento lavorativo che hanno di fatto attenuato anche la stessa mendicità delle donne rom che secondo tutte le organizzazioni europee subiscono discriminazioni multiple.
Certo è difficile accedere al lavoro per una donna rom, magari non più giovanissima e senza un’istruzione ma le soluzioni si possono trovare se esiste la volontà concreta a costruire percorsi di interazione sociale. (in foto una mamma con i suoi bambini a Ponte Mammolo , Roma)

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