Voi che vivete sicuri
Nelle vostre tiepide case;
Voi che trovate tornando la sera
Il cibo caldo e visi amici:
Considerate se questo è un uomo
Che lavora nel fango
Che non conosce la pace
Che lotta per mezzo pane
Che muore per un sì e per un no.
Questi versi scritti da Primo Levi di ritorno dal lager ci commuovono e ci indignano. Ma solo se rimangono sulla carta, se restano confinati nella Storia, in un lontano passato. Eppure sarebbe facile accorgersi che ci parlano anche del presente. Di questo presente in questa città di Milano. Ma anche di Roma, di Livorno, di Bologna, di Pavia…
A Milano, con maggior sistematicità, determinazione e fors’anche cattiveria, da tempo è in atto una sorta di “pulizia etnica”. Gli sgomberi forzati dei “campi” rom hanno letteralmente e fisicamente buttato sulla strada centinaia di persone, compresi anziani e malati, donne e bambini. Sgomberi effettuati senza concedere alternative e senza che rispondessero a una qualche strategia da parte dell’amministrazione pubblica che non fosse semplicemente quella, brutale, di buttare queste persone nella disperazione, rendendo loro la vita così dura da costringerle ad andarsene.
Una logica, oltre che cinica, miope. Perché queste persone non hanno un Paese dove tornare. Anche nei luoghi da cui sono arrivati sono soggetti a repressione e discriminazione, dunque non si capisce perché e come potrebbero tornarvi.
La politica degli sgomberi senza alternative produce e produrrà solo una maggiore sofferenza e disperazione, comporta il fatto che centinaia di persone sono costrette a vivere come topi, all’addiaccio, nel fango. In condizioni non troppo dissimili da quelle di cui raccontava Primo Levi. Anche oggi si può infatti essere scacciati e schiacciati, si può rischiare di morire per un sì o per un no. A Milano, a Pavia. O a Roma, dove pochi giorni fa è morto Francesco, piccolo rom di due mesi, congelato dal freddo in una tenda dove era stato confinato con i suoi genitori dalla politica degli sgomberi.
Ogni anno nelle grandi città si parla di «emergenza freddo», come fosse un fatto anomalo ed eccezionale. Di questa prevedibilissima emergenza muoiono ogni anno decine e decine di bambini e anziani, di rom e di senza dimora. E ogni anno assistiamo alle ipocrite e pilatesche lacrime di coccodrillo di troppi amministratori pubblici.
Il Comune di Milano, dopo lo sgombero del campo di San Dionigi, si era impegnato a garantire un minimo di risposta almeno a donne e bambini, ospitandoli nel dormitorio pubblico di viale Ortles.
Pur di fronte allo smembramento delle famiglie, era meglio del niente. Eppure anche questa piccola e minima cosa non è stata realmente garantita. Basta nulla per perdere anche questa minuscola possibilità.
Da venerdì 19 ottobre una madre Simona, e i suoi quattro bambini, Sincera, Silvia, Adelina, Decibal, di cui tre piccolissimi e in cattive condizioni di salute, sono in strada, cacciati dal dormitorio perché si erano assentati due giorni, per assistere un parente malato. Ora si trovano senza il minimo riparo, mentre cresce il freddo e cominciano le piogge.
Di fronte a queste drammatiche situazioni, da mesi le istituzioni locali e la prefettura si girano dall’altra parte. Fingono di non vedere, di non sapere, di non avere responsabilità e doveri. Associazioni, forze sociali, sindacati hanno inutilmente rivolto loro appelli, chiesto interventi e risposte.
Noi non abbiamo più nulla da chiedere al sindaco, all’assessore o al prefetto. Il loro silenzio e immobilismo sono più eloquenti di tanti discorsi. Del resto, troppe parole e riunioni sono state sinora generosamente, e inutilmente, spese. Le parole, infatti, non costano molto. Come don Abbondio non si poteva dare un coraggio che non aveva, così queste istituzioni non possono dar mostra di responsabilità che evidentemente non avvertono.
Da lunedì 29 ottobre noi, come singole persone più che come esponenti di associazioni, effettueremo un digiuno totale, durante il quale sosteremo fisicamente, ogni giorno, in piazza della Scala, davanti a Palazzo Marino.
Non per rivendicare qualcosa. Semplicemente per testimoniare e denunciare che quattro bambini sono stati buttati per strada, che rischiano di ammalarsi e anche di morire. Per chiedere a tutti e a ciascuno “Se questo è un uomo”, se è tollerabile che tutto ciò accada nella ricca e democratica Milano, se davvero non è possibile dare un segno di umanità e una risposta concreta a quei bambini e al problema generale di cui essi sono parte e drammatica rappresentazione.
Primi partecipanti: Mario Agostinelli, Cecco Bellosi, Giorgio Bezzecchi, Paolo Cagna Ninchi, Sergio Cusani, Flora Capelluti, Anna Fiorella D’Amore, Bianca Maria Dacono Annoni, Riccardo De Facci, Filippo Loddo Corrado Mandreoli, Aimon Maricos, Maurizio Pagani, Dijana Pavlovic, Gloria Pescarolo, , Ernesto Rossi, Romana Sansa, Sergio Segio, Tommaso Vitale, Carlo Berini
Prime adesioni: Associazione Cittadini del Mondo, Associazione Liberi, Aven Amentza, Comitato per le libertà e i diritti sociali, Giovanni Godio, Gruppo Abele di Milano, Opera Nomadi, Emilio Pozzi, Manuela Rampini, Raffaele Salinari, Anna Satta, Terres des hommes, Unaltralombardia, Corinna Urbano, Sucar Drom
Per aderire e partecipare allo sciopero della fame si prega di contattare Dijana Pavlovic con una telefonata o un sms 339 7608728
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