«Non servono misure d'emergenza per la sicurezza». Lo affermano in una nota congiunta Paolo Beni, presidente nazionale Arci e Filippo Miraglia, responsabile immmigrazione Arci.
«La violenza dei giorni scorsi a Roma colpisce tutti noi per l'efferatezza e la crudeltà. Tuttavia crediamo che anche di fronte a episodi così drammatici debba prevalere il senso di responsabilità, nella lettura dell'episodio, nei provvedimenti che si decide di adottare, nella rappresentazione mediatica che se ne dà. A noi pare invece che -sottolineano i due esponenti dell'Arci- questo senso di responsabilità sia venuto meno, per alimentare quella campagna di allarme sociale che va avanti da tempo e che individua nei più emarginati, rom e migranti, la causa dell'insicurezza e dell'invivibilità in cui sarebbero precipitate le nostre città».
«E da parte di chi ci governa, con l'adozione di provvedimenti adatti forse a calmare le ansie giustizialiste di parte dell'opinione pubblica e di alcune forze politiche, ma che non fanno bene nè alla democrazia di questo paese nè alla soluzione reale dei problemi che pure ci sono. Intanto -aggiungono Beni e Miraglia- perchè non li individua i problemi, preferendo darne una lettura strumentalmente e ottusamente semplificata, sia per quel che riguarda la violenza che si esercita sulle donne, sia rispetto alla prevenzione e alla repressione dei comportamenti illegali».
«Il decreto legge adottato da un Consiglio dei Ministri straordinario, con una drammatizzazione mediatica fuori misura, ci sembra sbagliato per questi motivi, oltrechè assolutamente discutibile sul piano del diritto internazionale e della correttezza costituzionale. Nè pensiamo che si possa intervenire per decreto, e cioè senza un preventivo dibattito parlamentare, su materie che riguardano le libertà delle persone. Sulla base dell'inaccettabile criminalizzazione di una intera popolazione, quella rumena, se ne consente, con atto amministrativo, la deportazione di massa».
Proseguono Beni e Miraglia «si dimentica che per punire i colpevoli di crimini, di cui certo si macchiano anche cittadini rumeni ci sono gli strumenti della legislazione ordinaria -concludono i due esponenti dell'Arci- e infatti il presunto colpevole è in carcere e verrà processato così come prevede il nostro codice. Dove sta allora la necessità di misure di emergenza? Noi restiamo convinti che serva altro: percorsi di inclusione sociale, diritti universali ed esigibili da tutti, spazi di cittadinanza, occasioni di confronto e dialogo tra diversi per costruire insieme le condizioni di una necessaria e possibile convivenza. Città più aperte, non fortezze chiuse in cui asserragliarsi».
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