Ha suscitato scalpore a Reggio Emilia la diffusione dei dati del Viminale che confermano la massiccia presenza di Rom e Sinti. Secondo i numeri dello studio romano, i Rom e Sinti in provincia sono 1.065. Quattrocento in più rispetto alla provincia di Bologna (739) seconda in Emilia Romagna per concentrazione di popolazioni sinte e rom. Un dato che colloca Reggio al settimo posto in senso assoluto in Italia, dietro solo a Roma (9.000), Milano (4.763), Napoli (2.065), Torino (2.048), Catanzaro (1.337) e Latina (1.140). In regione Reggio batte invece tutte le altre province. Detto del numero di Bologna, seconda in regione dopo Reggio, seguono Modena (542), Rimini (310), Parma (277), Ferrara (243), Piacenza (224), Ravenna (165) e Forlì-Cesena (21).
Il dato reggiano appare però molto più significativo se lo si considera rispetto al numero degli abitanti della provincia: Reggio, con un Sinto/Rom ogni 425 abitanti, è seconda in Italia dietro a e Roma (1 Sinto/Rom ogni 411 abitanti) e seguita a ruota dal satellite della capitale, Latina (1 ogni 430).
La presenza di Sinti e Rom a Reggio è nettamente superiore rispetto a quella delle città capoluogo di regione, e quindi più “attrattive”: a Bologna c'è un Sinto/Rom ogni 1.238 residenti, a Milano 1 ogni 778, a Napoli 1 ogni 1.453 a Torino 1 ogni 1.057 abitanti.
Nel frattempo c'è un documento che sta creando non pochi imbarazzi alla Giunta comunale in merito alla vicenda delle micro aree per i Sinti italiani. Lo ha rivelato Alleanza Nazionale, in una conferenza stampa nella quale Tommaso Lombardini, Marco Eboli e Antonio Rizzo hanno reso noto come lo scorso febbraio, sulla questione delle microaree che dovrebbero sostituire il “campo” di via Gramsci, il dirigente Rodolfo Galloni ha messo in guardia il Comune facendo notare come, a seguito del deprezzamento del valore immobiliari delle proprie abitazioni per via della vicinanza delle micro aree, i proprietari coinvolti potrebbero rivalersi col Comune, chiedendo i danni all'amministrazione.
Galloni cita una sentenza della Corte d'Appello di Bologna del 2004 che diede ragione ad un proprietario di una stabile di via Calvetro danneggiato dalla realizzazione del “campo nomadi” di Masone. Luca Vecchi, capogruppo del Pd, ha bollato la questione come “una montagna di falistà”. Qualcun altro, all'interno della maggioranza, sussurra di non temere il documento perché se è vero che il valore di mercato di un immobile cala se in prossimità si realizza una micro area, è altrettanto vero che è difficile dare un marchio giuridico a questa situazione.
Tra le fila della maggioranza ci sono molti malpancisti, convinti che tutta la vicenda sia stata gestita male e che adesso non sia più possibile realizzare, senza emorragia di consensi, un progetto comunque non condiviso da tutta la maggioranza. Non è di questo avviso l'assessore Gina Pedroni, continua a leggere...
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