mercoledì 7 novembre 2007

Un clima pericoloso

L'aggressione di ieri sera [ndr, 2 novembre 2007] contro un gruppo di romeni dimostra che è avvenuto qualcosa che i pessimisti sentivano nell'aria. Quando sono tanto forti le emozioni, e nessuno le raffredda e troppi le sfruttano, non soltanto diventa difficile trovare le risposte giuste, ma si esasperano i conflitti.
Da un caso gravissimo, l'uccisione di Giovanna Reggiani, si è passati con troppa rapidità all'indicazione di responsabilità collettive. L'assassinio è quasi finito in secondo piano, e l'attenzione è stata tutta rivolta a documentare una sorta di incompatibilità tra la nostra società e la presenza romena, insistendo sulla percentuale di reati commessi da persone provenienti da quel paese. In un clima sociale che si sta facendo sempre più violento, le premesse per l'apertura della caccia al romeno, purtroppo, ci sono tutte.
Così non basterà condannare l'accaduto. Le risposte istituzionali sono già venute, e sarebbe sbagliato chiederne ulteriori inasprimenti, che darebbero la sensazione che alla violenza si debba reagire solo con la violenza sì che, se lo Stato arriva tardi o in maniera ritenuta inadeguata, tutti sarebbero legittimati a farsi giustizia da sé. Alla politica si devono chiedere non deplorazioni, ma misura; non ricerca di consenso, ma di soluzioni ragionate.
Da anni, da troppi anni, siamo prigionieri di un uso congiunturale delle istituzioni, che porta a misure che rispondono ad emozioni o a interessi di breve periodo più che alla realtà dei problemi da affrontare. E' un rischio che stiamo correndo anche in questi giorni, mentre avremmo bisogno di analisi non approssimative e testa fredda nell'indicare le via d'uscita. Di fronte alle tragedie nessuno dovrebbe fare calcoli meschini.
Il presidente della Repubblica ha sottolineato che le questioni dell'immigrazione esigono responsabilità comuni dell'Unione europea. Il presidente del Consiglio si è messo in contatto con il primo ministro romeno. Dalle parti più diverse si è sottolineata la necessità di un controllo del territorio e di una attenzione per le condizioni in cui vivono gli immigrati. E' stata proprio una donna romena che ha consentito l'immediato arresto dell'assassino.
Perché allineo questi fatti? Perché, messi insieme, dimostrano la parzialità della tesi di chi pensa che sia sufficiente inasprire le pene, cancellare le garanzie, far di tutt'erbe un fascio, sparare nel mucchio. "Facimmo 'a faccia feroce" è una vecchia tecnica di governo, ma è esattamente il contrario di quel che serve in situazioni come questa. E' indispensabile, invece, una strategia integrata, fatta di cooperazione internazionale, di legalità a tutto campo, di efficienza degli apparati di sicurezza, di misure per l'integrazione, di politica delle città. Ed è indispensabile una politica volta a promuovere la fiducia degli immigrati: senza la collaborazione di quella donna, senza la rottura dello schema dell'omertà (purtroppo così forte anche nella nostra cultura), l'assassino non sarebbe stato individuato così rapidamente. In ogni società la fiducia è una risorsa essenziale. Da soli, i provvedimenti di ordine pubblico non ce la fanno, non ce l'hanno mai fatta. di Stefano Rodotà, continua a leggere…

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