Di questi tempi per molti rappresentano il male assoluto: quelli che se cammini per strada e li vedi, devi girarti dall’altra parte; che se ti fermi per il rosso al semaforo, desideri istintivamente di scendere dall’auto e cantargliene quattro. Sono loro le cause del tanto declamato “senso di insicurezza sociale”, della percezione del disordine che, agli occhi di molti, è sufficiente per invocare misure estreme.
Per tanti sono semplicemente Rom; che poi siano semplicemente rumeni, cioè abitanti della Romania, fa poca differenza. Tutti “zingari”. Ma se ti avvicini a parlarci, se ti confronti con loro, se visiti le loro “case”, ti accorgi che sono semplici esseri umani che aspirano a diventare cittadini, che desiderano un lavoro, che vorrebbero mandare i loro figli a scuola. Ma che non possono.
A Molfetta vivono in baracche messe in piedi nella zona che da qualche anno pare destinata alla costruzione del nuovo stadio. Alle spalle del Liceo Scientifico, Kostel e parenti vivono alla giornata, confidando nella compassione di qualche passante e nella moltiplicazione di pochi spiccioli.
Scelta o necessità? Ecco la domanda che tutti si pongono, a cui Kostel e il nipote ventiquattrenne, ma con due figli a carico, rispondono con franchezza. Risiedevano in Romania, quando il regime di Ceauşescu crollò. Kostel faceva il muratore, sognava un futuro diverso per sé e la propria famiglia. Poi i disagi, le sofferenze, la partenza. Inizia l’esodo alla ricerca di qualcuno che li accolga, che consenta loro di condurre una vita dignitosa: un lavoro, una casa, i figli a scuola. Continua a leggere…
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