Domenica 10 febbraio 2008, alle ore 16.00, presso la Casa della Cultura, in via Borgogna n. 3 a Milano si terrà l’evento “Per la memoria, Shoah e Porrajmos: due volti dello sterminio razziale”. Proiezione tratte dal dvd “a forza di essere vento”, testimonianze di Mirko Bezzecchi e Nedo Fiano, dialogo teatrale “due voci, lo stesso orrore: la rom Barbara, l’ebrea Sara”, tratto dalle testimonianze di una ragazza Ebrea e una ragazza Rom con Dijana Pavlovic (in foto) nel ruolo di Barbara e con Tatiana Olear nel ruolo di Sara con accompagnamento musicale: Marta Pistocchi (violino), Jovica Jovic (fisarmonica) e Davide Marzagalli (flauto e percussioni). Saranno presenti Dario Fo e Moni Ovadia. Organizza la Casa della Cultura in collaborazione con Comunità Ebraica di Milano e comitato “Rom e Sinti Insieme”.
Il 27 gennaio in occasione di una giornata dal grande valore civile: la Giornata della memoria, si svolgerà una manifestazione. Ma questa giornata rischia di testimoniare una memoria selettiva. Infatti, in questa occasione così significativa, nessun Rom potrà parlare e portare la testimonianza della deportazione e del massacro del nostro popolo, nonostante ne sia stata fatta richiesta al comitato organizzatore e nonostante il valore fondamentale di parlarne in un momento che vede in questo Paese i rom indicati come il nemico pubblico numero uno.
Nell’Italia democratica e civile i nostri figli muoiono di freddo e nei roghi e nessuno si scandalizza. Gruppi di neonazisti entrano nei nostri campi, minacciano, sparano e bruciano e nessuno si scandalizza. Ci rifiutano l’assistenza sanitaria costringendoci a partorire per strada e nei campi. A Milano fa freddo e più di cinquecento persone, uomini donne bambini e anziani, dormono nel fango sotto le tende, spesso rotte e tagliate dalle forze dell’ordine durante gli sgomberi. Ci distruggono le case, le uniche che abbiamo, separano le nostre famiglie. Per noi varano leggi speciali. Con patti di legalità ci proibiscono di ospitare nostri parenti anche solo per una notte, ci danno un pass e ci controllano i documenti per lasciarci entrare in casa nostra. I mass media ci criminalizzano e ci fanno apparire come un popolo di assassini ladri e asociali, la politica ci considera un danno elettorale.
Ma per noi, questa è una vecchia storia. Dal 1400 ci hanno braccato come animali, hanno fatto leggi e decreti per stabilire che la nostra vita non valeva niente e che chiunque ci poteva uccidere senza nessuna conseguenza. Nei campi di concentramento nazisti ci hanno portato nelle camere a gas, i nostri figli erano le cavie preferite di Mengele e altri scienziati, in tutta Europa ci hanno misurato crani e altre parti del corpo per provare che non siamo esseri umani come gli altri.
Violenze, umiliazione, morte… Questa è la storia del mio popolo. Ed è sempre trascorsa nel silenzio. Nonostante ci siano prove scritte, testimonianze, fotografie, che confermano senza dubbi che siamo stati deportati non come individui, ma come appartenenti a una razza inferiore, un popolo criminale e asociale, per anni ci hanno negato questo riconoscimento. Il nostro orrore, che chiamiamo Porrajmos, cioè distruzione, divoramento, non ha mai avuto voce.
Sarebbe inquietante dover pensare ancora oggi nella civile Milano che oltre 500 000 Rom morti nei campi di concentramento, anche italiani, non valgano, non meritino memoria né riconoscimento. Forse è troppo scomodo e impopolare in questo momento dar voce a chi rappresenta questo popolo, anche per chi porta nella propria storia i valori fondamentali come antifascismo e antirazzismo? Questi valori sono importanti anche per noi Rom, perché la loro affermazione ci ha restituito la dignità e ci ha salvato dagli stermini, dalle umiliazioni e dalla schiavitù in tutta Europa. Chi condivide questi valori e ne fa la propria bandiera non può dimenticare che non conoscono compromessi, non possono convivere con piccoli giochi politici per raccattare o non perdere qualche voto. Dai Rom, un popolo sena terra e senza guerra, tutti possono imparare che ci sono cose che non sono in vendita, mai e a nessuna condizione: la libertà e l’identità culturale.
Il mio è un grido di dolore, non solo di chi appartiene a un popolo da sempre discriminato e rifiutato, ma anche di una cittadina che crede nei principi di uguaglianza e di libertà, che crede che il silenzio sul passato danneggia gravemente le generazioni future e il futuro di una nazione, che la memoria è importante solo se non è selettiva e se non ci sono censure sui fatti storici perchè.
Per questo, noi parteciperemo lo stesso alle manifestazioni di questa giornata per testimoniare lo sterminio dei nostri nonni e dei nostri padri ieri,e la discriminazione e l’ingiustizia nei nostri confronti e nei confronti dei nostri figli oggi. di Dijana Pavlovic
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