Con un omaggio controcorrente alla cultura sinta e rom, proprio nel momento della "caccia" ai rom, torna a Brescia da domani al 22 giugno la "Festa internazionale del circo contemporaneo", giunta alla nona edizione. Una manifestazione asciugata, ridotta all' osso per problemi di bilancio, con soli due spettacoli, sia pure di ottimo livello. Otto anni di successi con 150mila spettatori, 250 repliche, 80 compagnie, che hanno fatto del festival bresciano la più importante rassegna di circo contemporaneo, non sono bastati a garantirgli un futuro.
«Accettiamo la sfida di un budget ridotto -spiega il direttore artistico Gigi Cristoforetti- e proviamo a riassumere lo spirito della nostra storia in due appuntamenti emblematici». Il primo, che inizia domani e prosegue sino al 16 (con pause il 9 e il 13 per le partite dell' Italia agli Europei di calcio), è uno spettacolo itinerante nel Museo di Santa Giulia intitolato "Al mio solo desiderio". Gli danno vita, in tre tappe, vari artisti: il più importante è lo straordinario acrobata al trampolino elastico Mathurin Bolze, già due volte al festival di Brescia, considerato uno dei migliori interpreti del circo contemporaneo.
Nella sua nuova performance, che mescola tecnica, humour e poesia, e sarà in scena solo fino al 12, sarà affiancato da un altro acrobata belga, Jedi Thabet. Completano lo spettacolo il giocoliere Jorg Muller e il duo acrobatico Morosof. Dal 14 al 16, al posto di Bolze, la danza degli "Adagi Partigiani" della Compagnia Virgilio Sieni.
Ma l' evento più atteso, dal 14 al 22 al Parco Castelli, è il debutto italiano del "Cirque Tsigane Romanès", un piccolo circo all' antica che lavora pressoché stabilmente a Parigi, è circondato da una fama leggendaria ed è amatissimo da appassionati e intenditori in tutta Europa.
Fondato da Alexandre Bouglione, della celebre famiglia proprietaria del Cirque d' Hiver di Parigi, che a un certo punto della sua vita abbandonò l' impresa e anche il nome di famiglia, e sposò la cultura gitana insieme a una cantante gitana, Délia, ribattezzandosi Romanès, è un autentico circo gitano di una volta. Poetico, trascinante, irresistibile. Soprattutto vero. Come non se ne vedono più. Amico di poeti, scrittori, musicisti, da Jean Genet a Yehudi Menuhin, e poeta e scrittore lui stesso (il suo ultimo libro, "Paroles Perdues", è edito da Gallimard), Alexandre Romanès ha costruito, intorno al suo piccolo e vecchio chapiteau, alle antiche roulottes, ai bambini che giocano a piedi scalzi nel fango, uno spettacolo, "La regina delle pozzanghere", ingenuo e raffinatissimo.
"Neanche nei miei sogni più folli -confida- avrei mai immaginato di avere tanto successo con uno spettacolo così semplice". Délia canta vecchie canzoni gitane, accompagnata da musicisti gitani al violino, al contrabbasso, alla fisarmonica, mentre altri artisti, anch' essi gitani, scendono in pista. Acrobati al trapezio, ai cerchi, ai tessuti, contorsionisti, danzatori, giocolieri col fuoco. Nessun numero, preso singolarmente, è da primato è l' atmosfera d' insieme, il clima di festa gitana, ad essere assolutamente straordinari. Magicamente unici.
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