mercoledì 11 giugno 2008

“Stato di emergenza” in relazione agli insediamenti "nomadici": una scelta irrazionale e discriminatoria

Le ordinanze del Presidente del Consiglio dei Ministri n. 3676, 3677 e 3778 del 30 maggio 2008 dispongono misure urgenti di protezione civile per fronteggiare lo stato di emergenza in relazione agli insediamenti di comunità sinte e rom nel territorio delle regioni di Lazio, Lombardia e Campania.
Attraverso tale scelta normativa, il Presidente del Consiglio ha fatto un uso spregiudicato di uno strumento giuridico assolutamente eccezionale, finalizzato a fronteggiare eventi assolutamente imprevedibili e comunque eccezionali e catastrofici (terremoti, emergenze sanitarie ecc.), paventandolo come la panacea per il “male” dei “campi nomadi”, che indubbiamente non rappresenta una emergenza (improvvisa difficoltà, situazione che impone di intervenire rapidamente, circostanza imprevista) quanto piuttosto l’ordinaria precarietà di vita e abitativa di migliaia di (non) persone, che ordinariamente si svolge nel più totale disinteresse delle Istituzioni.
Le Istituzioni, se si escludono le azioni giustificate da reali o presunte esigenze di ordine pubblico, sono rimaste incuranti -vuoi ignoranza, vuoi per complice indifferenza- ai numerosi pronunciamenti dei principali organismi internazionali e comunitari.
E’ evidente che tali indicazioni e raccomandazioni di organi previsti dal diritto internazionale e comunitario sono sempre stati ritenuti un semplice fastidio, quando non indebite “ingerenze” negli affari interni italiani, poiché insistono per il riconoscimento, anche verso le popolazioni “nomadi” storicamente presenti in Italia da diversi secoli (Rom, Sinti e Camminanti) dello status di minoranza etnica; di conseguenza impongono sul piano dei diritti fondamentali il rispetto della loro identità e stile di vita, del diritto all’abitazione, alla salute, all’istruzione, all’integrazione sociale, così come meglio specificati anche da una corposa produzione giurisprudenziale della Corte Europea per i Diritti Umani.Dunque, a fronte di una situazione che necessita di interventi non “emergenziali”, ma organici, strutturali, di “integrazione” del popolo “nomade” attraverso la comprensione e la valorizzazione delle differenti culture, si preferisce utilizzare in modo improprio uno strumento di legislazione straordinario. Ottenendo un risultato che è, sostanzialmente, la rimozione psicologica - da parte delle istituzioni - del problema, attraverso l’allontanamento fisico dei “nomadi”, e dunque della fonte di “insicurezza” e di “degrado”, dai centri abitati, e la creazione di un clima di intolleranza e razzismo nella popolazione “stanziale”. di Emilio Robotti e Barbara Spinelli, continua a leggere…

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