giovedì 19 giugno 2008

I "rom" della cultura

Se un americano arrivasse all’Istituto di Cultura Sinta e formulasse la domanda: in Italia le popolazioni sinte e rom sono discriminate? La risposta potrebbe prevedere le immagini di Ponticelli e tanto altro ma Il Sole 24 ore ha pubblicato domenica 15 giugno 2008 un articolo esemplificativo su che aria tira in Italia.
Il giornalista è Riccardo Chiaberge (in foto) che un mese fa, citando un'intervista fatta a Roberto Saviano, l'autore di Gomorra, ha scritto: «Le mafie in Italia hanno ucciso, negli ultimi trent'anni, qualcosa come diecimila persone. Più morti che nella striscia di Gaza. Una minaccia permanente alla vita e alla sicurezza della gente per bene. Ma contro i "quartieri alti" della camorra , a Ponticelli e dintorni, nessuno pare disposto a marciare».
Un giornalista che certo non può essere tacciato di razzismo, anzi… ma il 15 giugno ha scritto un articolo segnalando al neo ministro Brunetta le disfunzioni degli Istituti italiani di cultura. Nell’articolo spiega le funzioni di questi istituti sparsi per il mondo e punta il dito sul loro funzionamento e in particolare sul personale: «Il vero problema è il personale, gli “addetti culturali” e i “contrattisti” che lavorano (o dovrebbero lavorare) alle loro dipendenze. Gli addetti culturali (due o quattro per ogni sede, di cui molti ex-professori d’inglese o tedesco delle scuole medie in soprannumero, presi in carico dalla Farnesina e spediti nel mondo), per lo più sanno poco della cultura del loro paese e meno ancora del paese in cui si trovano, ma vengono pagati come superesperti (otto-diecimila euro al mese) e si comportano da impiegati statali. Il direttore di un importante istituto racconta di aver convocato una riunione un pomeriggio alle 16,30 con due suoi “addetti” e questi dopo 25 minuti si sono alzati, perché era finito il loro orario giornaliero: “se no facciamo straordinari e poi ce li deve dare come recupero”».
Cosa fare? Qui il giornalista, che ripetiamo un mese fa si è indignato sulla questione sicurezza, si lascia andare ed esplica bene come vengano viste le popolazioni sinte e rom in Italia: «Alcuni di questi signori [riferito agli addetti culturali] girano il mondo da vent’anni, cinque anni a Londra, cinque a Buenos Aires, e magari non parlano nemmeno la lingua del posto. Sono i Rom della cultura, un’emergenza per l’erario che il ministro Brunetta dovrebbe affrontare con la stessa "tolleranza zero" che si usa per i campi nomadi».

I fannulloni della pubblica amministrazione sono quindi apostrofati: “i Rom della cultura”. A cui naturalmente bisogna contrapporre una politica “seria”: la tolleranza zero.
Naturalmente Fabio Giancaspro, Segretario Nazionale del Coordinamento CONFSAL UNSA ESTERI, esprime «sdegno e incredulità» nel leggere un articolo su un giornale che fa parte di «un gruppo multimediale che opera nel settore dell’informazione e dell’editoria specializzata per una clientela professionale» e che «si vuole distinguere per autorevolezza, integrità e accuratezza, come si legge nella presentazione web del Suo giornale», un articolo che «è una prova non solo di cattivo gusto e stile per i toni feroci e commenti denigratori accompagnati da un eventuale retrogusto xenofobo (riferimento ai "matrimoni misti" e agli "indigeni"), ma soprattutto per la stessa disinformazione e superficialità con la quale affronta un argomento che richiederebbe più sensibilità e approfondimento da parte dello scrivente».
Si ci eravamo dimenticati che il giornalista non si è lasciato sfuggire un intervento degno della rivista “La difesa della razza”: «Molti sposano indigeni o indigene e si fanno una famiglia in loco, perdendo ogni legame con la lingua e la cultura d’origine».
Nei prossimi giorni, noi di sucardrom, invieremo a Riccardo Chiaberge un libro da poco pubblicato e che nei prossimi giorni sarà recensito in questo spazio web: “sono razzista, ma sto cercando di smettere” (Laterza), di Guido Barbujani e Pietro Cheli. Forse questo libro aiuterà sia Chiaberge che tanti altri a capire che purtroppo il razzismo esiste.

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