Sull'Europa Veltroni sottolinea la «gaffe» di Berlusconi che ha reso necessaria una replica diretta del presidente Barroso. E anche per quanto riguarda la sicurezza avverte che «vanno puniti gli individui, a qualsiasi paese appartengano, non le comunità etniche o religiose. Chi nega questo fondamento - sottolinea - scivola verso la barbarie». E dunque «una folla scatenata contro un campo rom è parte del problema, non la soluzione».
Cita la parola d'ordine di Barack Obama: «Change», cambiamento. Per ribadire che di fronte ad un centrodestra che rischia di portare l'Italia nelle «paralisi della paura», è il Pd a dover ricostruire una «razionale speranza di cambiamento».
«La lettera a Schifani - sottolinea Veltroni - è uno spartiacque. In quella lettera Berlusconi ha assunto la paternità del decreto legge che strappa la delicata tela del dialogo». Per il segretario del Pd si ripete la storia dei passati governi Berlusconi: «Si antepone l'interesse personale a quello pubblico». Non solo. Il centrodestra pensa di governare facendo leva sulla paura, attrae facili consensi «coltivando l'egoismo sociale», ma così non si governa e si rischia una vera e propria «recessione di democrazia».
Bene, forse Veltroni si è accorto che una cappa nera ha avvolto il Paese ma non ci dimentichiamo che lui stesso, insieme ad Amato, è stato l’artefice di questa situazione. Perché dopo il delitto Reggiani è stato proprio Veltroni a salire a Palazzo Chigi per imporre a Prodi il “decreto sicurezza”. E se lo Stato, di fronte ad un delitto, risponde con la “pancia”, perché non lo possono fare dei semplici cittadini, ad esempio, a Ponticelli?
È chiaro che le minoranze sinte e rom sono il capro espiatorio in una difficilissima situazione economica ma il PD non ha dato, fino ad oggi, prova di saper risolvere i problemi senza cadere nella deriva securitaria.
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