Quella Bmw grigia le sta incollata dietro, con il clacson che sembra impazzito. Betty Amadin imbocca allora Viale Ungheria: l’auto continua a seguirla. Fa inversione a U. Ma è inutile, è sempre lì. Alla fine si ferma davanti al negozio di un’amica, nigeriana come lei, e abbassa il finestrino. L’uomo scende dalla Bmw e la riempie di pugni. Il volto di Betty adesso è una maschera di sangue, la sua bimba di un anno piange a dirotto sul seggiolino posteriore, mentre lui urla «Tornate in Africa! Andate via, non vi vogliamo!».
La gente dalle finestre applaude e ripete quel barbaro incitamento. «La bambina non ha più dormito per una settimana» racconta Betty, in Italia da dieci anni e moglie di un friulano. Già, perché l’episodio, raccolto da un giornale locale, si è svolto in giugno nel centro di Udine. Scene di caccia nell’Alto Nordest. E anche nel Basso, con quel capotreno bolognese dell’Espresso Palermo-Milano che dà della «sporca negra» a una donna ghanese e all’altezza di Reggio Emilia le scaraventa i bagagli giù dal treno, strattonandola e insultandola.
E’ razzismo percepito o razzismo reale, quello che serpeggia nel Belpaese? Estrapolando due episodi fra i tanti della vita quotidiana, commettiamo lo stesso errore in cui sguazzano i media quando parlano degli automobilisti ubriachi e omicidi, ma solo se immigrati? O quando, rispetto alle 4.663 violenze sessuali consumate in Italia ogni anno (13 al giorno: se registrate tutte dai giornali, ci trasformerebbero in un popolo di stupratori), ci si concentra su quelle commesse dai romeni?
Domanda complessa, da girare a sei testimoni privilegiati. Il prete di strada (don Ciotti), il sociologo dell’immigrazione (Maurizio Ambrosini), l’esperto di discriminazioni razziali (Pietro Vulpiani), l’attivista sinta (Eva Rizzin), il ballerino albanese (Kledi Kadiu) e il ricercatore di Demos Fabio Bordignon, dal quale iniziamo, per avere il conforto dei dati.
«Non saprei se chiamarlo razzismo - commenta - ma è certo che le inquietudini e le paure attorno agli immigrati si sono moltiplicate negli ultimi due anni. Stiamo tornando al picco toccato nel 1999». L’indagine Demos-Coop sul capitale sociale degli italiani, condotta a fine maggio da Bordignon e Ilvo Diamanti, ha segnalato anzitutto che 9 italiani su 10 percepiscono un aumento del crimine nel nostro paese, la cui causa viene poi ricondotta in buona parte alla presenza straniera. Questo, mentre gli omicidi si sono ridotti a un terzo nell’arco degli ultimi sei anni (dati del Viminale), i delitti in generale sono stati 20 mila in meno a Roma nel secondo semestre 2007 rispetto al primo (ancora il Viminale) e, per i furti, l’Inghilterra doppia l’Italia, come ci ricorda il centro di ricerche Vision.
I cittadini che si sentono in vario modo minacciati dalla presenza straniera aumentano (dell’1,2 per cento nel 2007, secondo Demos) ma non sono ancora la maggioranza degli italiani, perché ammontano al 44,5 per cento. Assai inquietante è la percezione dei rom: il 75 per cento chiede di sgomberare i campi nomadi. Il quadro è confermato dai dati di Eurobarometro: il 47 per cento degli italiani avverte disagio all’idea di avere un rom come vicino, due volte la media europea (24 per cento).
«Difficile non parlare di razzismo in casi come quello di Ponticelli - ammette don Luigi Ciotti, fondatore del Gruppo Abele - Ma la parola è una semplificazione che non aiuta a capire. Dove manca uguaglianza di diritti e di opportunità, l’altro viene sempre percepito come un antagonista. Ci si accanisce contro chi è più indifeso. Gli stranieri sono i primi. Un tempo gli albanesi, poi i marocchini, poi i musulmani, poi i romeni, oggi il popolo rom. La logica del capro espiatorio trova sempre nuove vittime».
Concorda Pietro Vulpiani, l’antropologo anima dell’Unar, l’Ufficio contro le discriminazioni razziali di Palazzo Chigi: «Il razzismo è un fenomeno a geometria variabile, e le sue vittime cambiano nel corso del tempo». Intanto, un italiano su tre non vuole più moschee, secondo il Viminale.
«I dati non sono così univoci - avvisa Maurizio Ambrosini, fresco autore per Il Mulino di Un’altra globalizzazione - attraverso colf e badanti, è aumentata nelle famiglie l’accettazione degli stranieri. Non dimentichiamo che all’inizio degli anni ’90 si leggevano manifesti del tipo ”la barca è piena” e che la maggioranza degli italiani, oggi, darebbe la cittadinanza a chi lavora da tempo con noi». Certo, ci sono inquietudini e paure. «Più diffuse tra chi sta barricato in casa e guarda la tv, e sintomatiche di un processo di invecchiamento e timore del futuro. Ma l’elaborazione di un’idea di razza inferiore, non c’è. E comunque i media hanno gravi responsabilità. Per esempio per la lapidazione dei rom». ne sono convinti anche don Ciotti, e Bordignon.
L’8 agosto del 1991 un piroscafo con 11 mila immigrati, il Vlora, attraccò nel porto di Bari e quel formicaio umano divenne l’icona della “sindrome da assedio albanese”, che vivevamo allora. Dentro c’era il diciassettenne Kledi Kadiu, oggi ballerino di successo. Una presunta aggressione razzista, da lui subita a fine maggio, era in realtà solo per ragioni di lavoro: «Ma il vento è cambiato in peggio. Anche in Europa, dove vado spesso in tournée. Pochi anni fa mi chiedevano parole in albanese, notizie sulle tradizioni, sulla cucina. Ora sembra che si sia alzato un muro».
Sotto a chi tocca. Oggi ai Rom e ai Sinti. La mamma di Eva Rizzin chiedeva l’elemosina. È una sinta, etnia che ha portato in Italia lo spettacolo viaggiante (giostrai e gente di circo), proveniente dall’India come i rom. La figlia ha potuto studiare, laurearsi e fare una tesi di dottorato sull’anti-ziganismo.
«Sembrano tornati gli anni del fascismo e della guerra mondiale - sospira - quando in Italia c’erano più di 50 campi di internamento per i rom. I 160 mila rom d’Italia, sono la metà di quelli di Francia e un quarto di quelli spagnoli. Inoltre, il 60 per cento ha cittadinanza italiana. Ci sono rom neurologi, rom elettricisti, rom poliziotti. Ma invece di capire si preferiscono le spranghe, le molotov, le impronte».
Ma se la geometria è variabile, un giorno torneremo almeno ad ammirare in tv una fascinosa “zingara” che ci scopre le carte. Un programma finito sei anni fa, che oggi proprio nessuno si permetterebbe di riproporre. di Corrado Giustiniani
2 commenti:
l'Altro giorno 3 ragazzi hanno pestato a sangue un altro ragazzo(tutti italiani e corregionali) per una diatriba di traffico.
Penso che ci sia in giro tanta voglia di farsi "grandi" con la forza, cosa che esula dalla questione razzismo.
Il razzismo c'è e sarebbe un errore non denunciarlo, purtroppo come i giornali evidenziano solo alcuni fatti altri usano il razzismo come spiegazione per ogni cosa.
Il signor Kledi era finito su tutti i giornali per un attacco razzista.
Dopo diversi giorni in un trafiletto si leggeva che la questione era non un pochino ma molto diversa...chi ha usato le notizie in quei giorni?
Quando poi si parla di numeri e di percentuali...bisogna stare attenti, con i medesimi numeri posso dimostrare due cose diametralmente opposte.
Stupri, il 90% avviene tra persone che si conoscono, e spessissimo in famiglia.
Chi vuole legge questo dato come se gli stupri fossero quindi una caratteristica del popolo italico.
Peccato che basta guardare un tg regionale per scoprire che in un giorno di 4 stupri in famiglia non uno era tra italiani.
Questo non significa assolutamente che gli italiani non stuprano, anzi, io a differenza di altri, so bene che gli italiani stuprano, rubano, uccidono, rapiscono bambini, ecc.
Il problema è che se gli stranieri rappresentano il 5% della popolazione...non rappresentano, purtroppo, il 5% dei delitti, anzi.
C'è poi lo scontro tra civiltà(vedi il caso della bambina 12 enne "venduta" in moglie) dove cose per alcuni normali sono totalmente inconcepibili nel nostro.
Tutto questo non aiuta un sano incontro tra popoli.
tornando al caso sopra riportato posso solo dire due cose, una volta un mio amico è stato inseguito da un'auto in maniera aggressiva(con persone che facevano chiari gesti) inseguimento che è finito quando lui è uscito di strada.
Lì non c'era razzismo ma solo deficenza.
Seconda purtroppo come detto sopra sono cosciente del fatto che gli italiani non sono esenti da annoverare tra le loro file idioti che sanno usare solo i neuroni della violenza...è giusto denunciarli ma attenzioni a non farli diventare "troppo famosi" in un'epoca in cui per apparire si potrebbe arrivare anche a questo.
Ma si può essere così stolti? Ho appena sentito il rappresentante
dei rom portato sul palco di Piazza Navona per il "No Cav. DAy" da Furio Colombo, che
partendo dalla giusta premessa di come non sia una “necessità culturale”
per i rom stare nei campi, che i campi spesso rischiano di essere
luoghi di segregazione, approda allo sciocco appello: “Basta Opera
Nomadi! Smantelliamo i campi!”. Ma ci vuole tanto acume per
accorgersi che così si fa lo stesso gioco di Maroni? Pure lui si
appella allo smantellamento dei campi in virtù di un pretestuoso
interesse a che i rom vivano in modo degno. Facile per il
“rappresentante” rom parlare così: lui abita da chissà quante
generazioni in una casa di mattoni. Smantellare i campi, sì, ma solo
se prima e nel frattempo si predispongono soluzioni, concrete,
alternative per chi attualmente vi è residente. E, inoltre, era proprio necessario usare quell'odiodo termine, "smantellare"?
E poi, basta Opera
Nomadi? Solo perché qualcuno potrebbe avere interesse a vivere
lucrando sulla miseria dei rom? Ma non si rende conto che così fa
propria la denuncia dei leghisti, denuncia finalizzata, però, a
creare il deserto attorno ai rom?
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