venerdì 29 agosto 2008

Brescia, siamo sinti non "zingari"

Cosa hanno in comune Yul Brynner, Charles Chaplin, Michael Caine, Elvis Presley e Moira Orfei? Sembra un quesito enigmistico, ma la soluzione è semplice: sono tutti sinti.
Quando si parla di un mito come Elvis Presley, a nessuno viene in mente di sottolineare che appartiene a una particolare etnia, che le sue origini sono particolari: per tutti è solo un americano. Se invece l’attenzione si sposta sul gruppo di bresciani - italiani da generazioni e generazioni, precisamente dal 1420 - che vivono nel “campo nomadi” di via Orzinuovi, allora con incredibile prontezza storica se ne ricordano le millenarie origini indiane.
Molto gioca l’ignoranza, la non conoscenza di un popolo che è sempre vissuto accanto a noi, ma che mai ha voluto assimilarsi alla nostra cultura e al nostro modo di vivere. E invece di preservarne la diversità, tutto questo fa paura.
Itineranti da sempre, a differenza dei Rom, i Sinti hanno sempre fatto lavori che li portavano in giro per l’Italia: giostrai, allevatori di cavalli, artigiani del rame, ricamatrici. E circensi, come le grandi famiglie degli Orfei e dei Togni. Poi le trasformazioni economiche e sociali hanno modificato di molto le loro attività.
Così i Sinti si sono ritrovati a essere sedentari, loro malgrado. Ma alla roulotte non riescono proprio a rinunciare: «Tra una casa e una roulotte non ho dubbi - ammette Pablo Quirini, 27 anni, uno dei "residenti" nel campo di via Orzinuovi -: io preferisco al 100 per cento una roulotte, perché fa parte della nostra vita e permette a tutti i nuclei familiari di vivere vicini».
Sono 24 le roulotte dei Sinti nel “campo” di via Orzinuovi 108, accanto a quello quasi del tutto smantellato dei Rom. Il “campo” sinti doveva essere provvisorio. in attesa da più di un anno che venissero ultimate le casette costruite in via Orzinuovi. Le casette ora sono pronte, ma la nuova amministrazione ha deciso di cambiarne la destinazione: le utilizzerà per le emergenze abitative di italiani e extracomunitari. «Purtroppo - osserva Gordon Quirini, fratello maggiore di Pablo - la gente si dimentica continuamente che noi siamo italiani e ci considera stranieri irregolari o rom».

In realtà rom e sinti sono due popoli lontani per tipologia di vita e tradizioni: siamo stati noi ad accomunarli nel nostro immaginario, finendo per bollare entrambi sotto il termine, per loro spregiativo, di “zingari”.
Eppure basta entrare nel “campo” sinti di via Orzinuovi per accorgersi che dal linguaggio all’accento, un misto di bresciano e padovano, dai volti al modo di vestire, non è facile distinguere un sinti da un «gagè», come chiamano loro gli italiani sedentari. Ma i Sinti sono italiani molto particolari. Nel campo di via Orzinuovi 108 sono osservati 24 ore su 24 da un telecamera, un Grande Fratello fatto su misura. Che registra ogni discorso, ma sembra non accorgersi che il campo abitato da 180 persone è fornito in tutto di soli sei servizi igienici - con la doccia posizionata sopra il cesso -, di una pericolosa rete volante di luce e acqua, di un solo angolo d’ombra e di nessuna fognatura, con gli scarichi a cielo aperto. Così che basta smuovere lo strato superficiale di ghiaia che ricopre il “campo” per scorpire che anche sotto il sole estivo il terreno rimane perennemente bagnato, come se avesse appena piovuto.
«Qui siamo trattati come cani - accusa Gordon Quirini -. Le condizioni igieniche del “campo” sono precarie e nonostante la nostra pulizia, più di un bambino finisce ogni mese all’ospedale. Soltanto questo mese ben tre bambini sono stati ricoverati per salmonellosi e botavirus».
Gordon è appena diventato papà per la terza volta ed è preoccupato: «Prima di questa nascita, abbiamo perso un altro figlio al quinto mese di gravidanza, perché mia moglie aveva contratto un virus a causa della mancanza di igiene del “campo”. Abbiamo chiesto al Comune il noleggio di due camion per portare ghiaia nuova e drenare il terreno, ma ci è stato rifiutato, così abbiamo fatto quello che potevamo con i nostri mezzi».
Ogni giorno - racconta Pablo - «alle sei di mattina ci organizziamo e puliamo il piazzale a nostre spese, abbiamo chiesto all’Amministrazione un container a pagamento, eravamo disposti anche ad arrivare a 400 euro, ma ci è stato rifiutato e poi hanno il coraggio di definirci sporchi».
L’inverno è ancora peggio: «Cerchiamo di difenderci dall’umidità e dal freddo con i fornelletti», rivela Quirini.
Gli uomini lavorano tutti, facendo traslochi, trasporti, puliscono soffitte e cantine, raccolgono ferro, «ma siamo quasi tutti in nero - ammette Gordon Quirini - perchè è difficile trovare lavoro se si deve specificare che si abita in un “campo nomadi”. Abbiamo chiesto al Comune di poter costituire una cooperativa per poterci mettere in regola, ma ci è stato negato anche questo permesso».
Un altro rifiuto che è stato vissuto in modo doloroso dai sinti bresciani è arrivato per la richiesta di allestire un luogo in cui professare il loro credo.
«Siamo evangelici - spiega Gordon Quirini -: facciamo parte del Mez, Movimento evangelico zigano, che in Italia raccoglie 1.200 fedeli. Abbiamo due pastori, Renato Enic e Pippo Grisetti, ci incontriamo con gli evangelici sedentari per pregare e quando i ragazzi finiscono la scuola ci spostiamo in occasione dei convegni religiosi».
«Avevano allestito uno stand di 5x3 metri che fungeva da chiesa - spiega Donovan Tassi, un altro residente del campo di via Orzinuovi -. La struttura ospitava anche gli evangelici sedentari da Lumezzane a Sant’Eufemia, ma ce l’hanno distrutta perché era un abuso edilizio».
I Sinti percepiscono tutti che il clima è cambiato, non sono arrabbiati, ma amareggiati perchè «se si parla di spaccio si dice che avviene al “campo nomadi”, senza specificare che è quello rom», sostiene Donovan Tassi. Alla stessa stregua, «quando si vede una donna che elemosina con il bambino si dice che è “zingara”, mentre per noi questo è solo sfruttamento minorile», aggiunge Gordon Quirini.
Spesso gli episodi di razzismo colpiscono i più deboli, i bambini. «Le mie figlie hanno frequentato la scuola materna in via Chiesanuova, in un ambiente in cui sono state accolte e amate dalle maestre - racconta Quirini -. Un anno fa, invece, ho iscritto mia figlia alla scuola elementare Grazia Deledda e ho trovato tutt’altro clima, non certo favorevole a sinti e rom».
Alcuni amici sinti hanno telefonato perché a Bologna sono stati presi e schedati: «Se mi obbligheranno a fornire le impronte dei miei figli - commenta Gordon Quirini - andrò dal ministro dell’Interno Roberto Maroni e gli dirò che sono disposto a farlo, ma soltanto quando anche lui lo farà con i suoi figli».
Il sogno per le famiglie sinti del campo - i Quirini, i Torsi, i Terenghi e i Tarchiani - è di potersi stabilire con le loro roulotte su quattro aree, una per ogni nucleo familiare.
«Mio suocero - precisa Gordon Quirini - aveva fatto tanti sacrifici per acquistare un pezzo di terra a Prevalle, ma non è stato possibile trasferire la famiglia perché la roulotte fissa è considerata un abuso edilizio e la terra ci è stata confiscata». «Ma noi - conclude Donovan - siamo cresciuti nelle roulotte, in una casa siamo in gabbia. Vogliono cambiarci ma non ci cambieranno mai». di Lucilla Perrini

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