Sono facce da “zingari” quelle dei milanesi di 900 anni fa. Giovani e vecchi, magri e muscolosi, che difendevano con le unghie e coi denti, combattendo a colpi di spadone, catapulte, palle infuocate, olio bollente, la città assediata dai barbari del temibile imperatore Federico I di Svevia detto "Il Barbarossa". Chissà che facce avevano davvero quei coraggiosi della "Compagnia della morte", pronti a sacrificarsi per difendere il Carroccio, simbolo dell´unione tra i comuni lombardi.
Per difenderlo dall’aggressione del feroce imperatore germanico, interpretato da Rutger Hauer, che fu sconfitto dai milanesi nella battaglia di Legnano del 1176. Oggi, nel kolossal storico "Barbarossa" prodotto da Rai Fiction, una produzione faraonica da 30 milioni di dollari, che il regista Renzo Martinelli, quello di "Vajont", "Porzus", "Carnera", sta girando in Romania, nelle campagne intorno a Bucarest, il valoroso Alberto da Giussano, che oggi si incarnerebbe in Umberto Bossi secondo la personalissima interpretazione dello stesso Senatùr, ha i riccioli e i lineamenti di un israeliano, l’attore Raz Degan.
I suoi truci soldati milanesi hanno invece le facce segnate, la carnagione bruna, gli occhi e i capelli neri, e i modi ruvidi e spicci, sei Rom romeni reclutati come comparse per il film «perché costano poco e lavorano senza limiti di orario», nelle lande desolate dei villaggi dove le automobili non hanno ancora sostituito i carretti tirati dai somari, le strade sono di terra battuta, e le comunità dei rom, quegli stessi che la Lega vede come fumo negli occhi quando arrivano in Italia, sono numerosissime negli accampamenti allineati ai bordi dei sentieri di campagna. «Un’ottima troupe», la elogia il regista, che in 24 settimane di lavoro (12 di preparazione del set e altrettante di riprese) utilizzerà ben 20.000 comparse e 2.500 cavalli arabi e frisoni.
I Rom, pagati 400 euro a settimana (poco per noi, molto per loro, in Romania lo stipendio medio è di 300 euro al mese), appaiono infatti più ordinati, precisi e obbedienti di qualsiasi caciarona troupe nostrana. Pronti, disponibili, svegli. Di poche parole. Sopportano stoicamente sotto un sole africano, senza brontolare, i pesantissimi tuniconi di panno grigio e marrone e i fastidiosissimi berretti di pelle, si buttano dai cavalli in corsa, si lanciano dai bastioni, precipitano dai torrioni, saltano in aria come acrobati provetti quando fingono di venire colpiti dalle esplosioni (molto realistiche, si usa dell´esplosivo vero!) che punteggiano il campo di battaglia e sventrano i tetti delle case.
Ma nessuno prova imbarazzo, almeno così dicono sul set, per aver calato gli odiosissimi Rom nei panni degli amatissimi milanesi. Né il regista né tantomeno il Senatùr, che questo film lo ha fortemente voluto, come dice lui stesso, e come dice anche Silvio Berlusconi, caldeggiando il prodotto, in una telefonata al discusso manager Rai Agostino Saccà: «C´è Bossi che mi sta facendo una testa tanto, con questa cavolo di fiction del Barbarossa... ». Quello che conta è che sfruttando i costi bassi della Romania, proprio come fanno gli illuminati imprenditori del Nord Est, si possa fare una produzione super.
«Coi costi che abbiamo noi, non mi sarei mai potuto permettere una produzione del genere in Italia», riconosce il regista, che ammette il sostegno di Umberto Bossi, di Letizia Moratti e di altri «amici milanesi» alla sua nuova impresa, ma rigetta, sdegnato, l´etichetta di “film leghista”: «È una definizione provocatoria e inopportuna».
E allora via con le battaglie. Quella di Legnano, amatissima dal Senatùr, viene ricostruita nella foresta di Calugareni, mentre la Milano del millecento rinasce nei grandi spazi aperti dei "Castel Film Studios" amati da Francis Ford Coppola, cinquanta chilometri da Bucarest, in aperta campagna, dove sono stati girati molti film di successo tra cui "Ritorno a Cold Mountain".
E proprio a fianco del vecchio villaggio western ecco spuntare, tutta di pietre grigie di polistirolo, la Milano di quel tempo, con le mura difese da enormi torrioni, le piazze punteggiate di case basse, le botteghe dei vasai, dei maniscalchi, dei mercanti di stoffe, e la facciata di una chiesa in stile romanico-lombardo ricostruita sull’esempio di quella di San Pietro in Ciel d´Oro di Pavia. Ma non solo le facce dei soldati non sono milanesi. Neanche gli ordini e le grida. Ciumbia, si gira in inglese.
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