lunedì 22 settembre 2008

Caritas, un povero vale più del decoro di un marciapiede

Mentre negli Usa, Barack Obama, candidato presidente, è ormai il “simbolo meticcio della contemporaneità”, noi italiani “siamo impegnati a erigere il patetico muro di Lampedusa”: è la sconfortante constatazione che apre l’editoriale del direttore della Caritas italiana, don Vittorio Nozza, pubblicato sul numero di settembre del mensile ItaliaCaritas.
Un clima, quello della montante xenofobia del nostro Paese, che – sostiene Nozza – viene alimentato dalla “solita bugia”, quella per cui il territorio nazionale sarebbe “minacciato da un’invasione di “clandestini ” tale da richiedere la proclamazione dello “stato d’emergenza”. Al contrario, “una vera e pesante emergenza scatterebbe nella malaugurata ipotesi che i lavoratori immigrati privi di permesso di soggiorno abbandonassero, da mattina a sera, le nostre aziende e le nostre famiglie”.
“Commissari etnici, sindaci sceriffo, censimento dei nomadi, impronte digitali obbligatorie per i minori rom, ordinanze contro la ricerca di cibo e vestiti nei cassonetti: logica vorrebbe che, come antidoto ai flussi migratori incontrollati, venissero promosse nuove procedure d’immigrazione regolare”. Invece no. Perché “non è questo che si vuole”. Conviene piuttosto che anche i regolari che perdono il lavoro siano “lasciati precipitare nel gorgo dell’illegalità”.
La ragione è che “nel Paese dell’economia sommersa il sopruso e l’ingiustizia convengono a molti”. Del resto - aggiunge Nozza – in Italia si è “preceduto per lunghi mesi (prima, durante e dopo le elezioni, con voce quasi corale) a imporre la percezione di una società preda della criminalità straniera, alimentando la leggenda degli immigrati furbi, titolari di privilegi a scapito della popolazione locale e coltivando il comune senso reazionario con uno scopo preciso: programmare una guerra tra poveri, qualora il calo dei redditi avesse gravemente acuito il disagio sociale”.

La battaglia messa in atto in alcune città d’Italia – per sanzionare l’elemosina, l’accattonaggio, il lavaggio dei vetri – è stata accolta da una sorta di consenso silenzioso, come se fosse diventato all’improvviso normale interdire ai poveri città che passano per essere un patrimonio dell’umanità, mentre lo sono solo di quella parte che se lo può permettere. Tutto ciò, nella piena soddisfazione di amministratori, turisti, albergatori, commercianti, cittadini benpensanti”.
“Non stupisce che si tenti di nascondere agli occhi del Paese realtà e vicende di vita che non piacciono, ma che continuano a esistere. E che per farlo si ricorra a complesse architetture legislative e amministrative, dalla grande spettacolarità e dalla dubbia tenuta sui tempi medi e lunghi”. A colpire è piuttosto “il carosello di cittadini interpellati dalle tv, che senza imbarazzo parevano unanimi nel bollare i mendicanti come un “fastidio ”, quasi fosse un termine neutrale o del galateo, e non contenesse invece una sottile, perversa e inconfessabile carica di violenza”. Stupisce inoltre “l’enfasi con cui tali decisioni sono cucinate e servite agli italiani dai telegiornali. Senza esitazioni, senza incertezze, senza posare lo sguardo sulla sofferenza di chi tende la mano ma evita gli sguardi dei passanti”. È tempo perciò di ricordare “che rovistare in un cassonetto o nell’immondizia non è un divertimento per nessuno”. E che “un uomo, per quanto lacero, vale più del decoro di un marciapiede”. di Valerio Gigante

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