venerdì 5 settembre 2008

L’Europa dei governanti approva la politica discriminatoria del Governo italiano

Già nel maggio scorso le dichiarazioni dei rappresentanti della Commissione Europea sul provvedimento che stabiliva il rilievo delle impronte digitali ai bambini rom apparivano assai deboli e sembravano riferirsi ad un mero annuncio del governo italiano, piuttosto che ad una normativa nazionale già applicata in alcune grandi aree metropolitane dopo la dichiarazione dello stato di emergenza.
Il governo italiano reagiva poi con sdegno alle critiche assai più dure del Consiglio d’Europa, espresse in particolare dal Rapporto Hammarberg, del parlamento Europeo e di numerose agenzie umanitarie, come l’European Roma Rights Center. Maroni intanto cercava di recuperare consensi con “linee guida” che riducevano notevolmente i margini di applicazione delle schedature dei bambini rom.
Nel frattempo si intensificava la pressione sui campi rom definiti come campi illegali anche quando erano tollerati da decenni dalle amministrazioni locali e dalla polizia. Si adottava poi una normativa nazionale che, in nome dell’emergenza immigrazione, affidava ai sindaci i poteri per portare avanti la pulizia etnica a danno delle popolazioni rom e sinte ospitate nei cd. campi abusivi. Come per miracolo i rom scomparivano dalle cronache criminali dell’estate, mentre l’attenzione dei media si concentrava sulla criminalità “diffusa” degli altri immigrati.
Adesso la Commissione Europea, sulla base delle osservazioni inviate dall’Italia a Bruxelles nel mese di agosto, sembra avere cambiato posizione, basandosi esclusivamente su quanto sostenuto dal governo italiano, senza dare rilievo ai fatti, ai numerosissimi casi di discriminazione istituzionale, all’assenza di procedimenti contro le forze dell’ordine responsabili di gravi abusi, quando non di passiva acquiescenza rispetto ai raid incendiari.

Gli amministratori locali che negli ultimi mesi hanno capeggiato ronde e spedizioni punitive sono tutti al loro posto, e l’impunità che sembra garantita a favore di chi si scaglia contro i rom sta moltiplicando gli episodi di violenza a sfondo razziale e xenofobo.
Ma tutto questo per la Commissione Europea non sembra rilevante, come se non discendesse direttamente dalle decisioni politiche del governo italiano, e dall’uso strumentale che ne fanno i media di governo, e tutto sembrerebbe ridursi alla questione delle impronte digitali, come se non fossero anche altri e numerosi i casi di discriminazione istituzionale che stanno dilagando in Italia a danno della popolazione rom. Casi per i quali non sembra che l’UNAR ( Agenzia governativa per il contrasto della discriminazione razziale) riesca a mettere freni.
Le misure adottate dall’Italia per far fronte all’emergenza dei campi nomadi “illegali” sarebbero dunque in linea con il diritto comunitario e non avrebbero carattere discriminatorio. «Ero certo di questo ma la conferma che arriva oggi dà grande soddisfazione e fa giustizia di tutte le accuse, le offese, gli insulti in questi mesi da parte di chi non sapeva bene di cosa stesse parlando e utilizzava questo argomento solo per fare delle basse polemiche», ha detto Maroni a margine di un incontro con il sindaco di Verona, Flavio Tosi, noto per il suo passato come un nemico giurato del popolo rom, oltre che per essere stato imputato in un procedimento penale per violazione della legge Mancino.
«La Commissione – ha affermato Maroni - ritiene questi nostri provvedimenti, cioè la nomina dei tre commissari straordinari, il censimento e la modalità con cui viene fatto, non discriminatori e quindi in linea con le direttive europee. Ci conforta questo giudizio sulla nostra azione – continua Maroni - che continueremo secondo i tempi previsti: entro metà ottobre il termine del censimento e poi i provvedimenti conseguenti per chi sarà stato censito».
Un programma assai chiaro che suona come una “campana a morto” per i tentativi di legalizzazione e di integrazione dei rom sui quali da anni erano impegnate decine di associazioni in tutta Italia.
Maroni ha poi ricordato che con il Commissario Europeo Barrot ( successore di Frattini a Bruxelles) «c’è un ottimo rapporto di collaborazione che questo giudizio rafforza e conferma che da parte della Commissione c’è un’analisi sempre rigorosa e severa ma mai basata su pregiudizi politici o ideologici.
Dopo questa edificante pagina dei rapporti, altre volte conflittuali, tra l’Italia e l’Unione Europea, gli italiani possono dormire sonni tranquilli.
Il giudizio della Commissione, invece, deve preoccupare per le conseguenze devastanti che subiranno i rom (compresi donne e bambini) presenti nei campi definiti come “illegali”, la maggior parte degli insediamenti abitativi nei quali i rom hanno potuto trovare alloggio in Italia.
Oltre alle misure di sgombero ( e di deportazione) già annunciate da Maroni, adesso si deve temere che la Commissione europea, nell’ambito di una procedura assolutamente “anomala”, dia parere favorevole anche ad altri tre decreti legislativi approvati dal Consiglio dei ministri a luglio, ma non ancora emanati, sulla circolazione dei cittadini comunitari, sul ricongiungimento familiare e sulle procedure di asilo, provvedimenti che colpiranno indistintamente sia i rom che gli altri immigrati e richiedenti asilo (tra questi ricordiamo ancora numerosi kosovari) restringendo le possibilità di accesso alle procedure di legalizzazione.
Maroni ha infine annunciato una riunione immediata con i tre commissari dell’emergenza dei campi nomadi (a Milano, Roma e Napoli): «Questa buona notizia – ha osservato minacciosamente - ci porterà a definire con maggiore decisione i passi successivi». E quali saranno i passi successivi lo si comprende bene da quanto sta già succedendo in questi mesi in Italia, fatti concreti e documentati che sembrano sfuggire solo alla Commissione Europea che forse non ha neppure letto i rapporti assai allarmanti del Consiglio d’Europa e dell’Agenzia Europea per i diritti fondamentali.
Ma è probabile che i commissari europei, “designati” dai governi nazionali, abbiano paura che gli organismi comunitari possano guardare con troppa attenzione alle discriminazioni istituzionali che sono perpetrate in molti stati dell’Unione Europea, e dunque hanno preferito un atteggiamento omertoso nei confronti del governo italiano.
Come è noto, in base a numerosi rapporti di agenzie indipendenti dai governi, i rom sono oggetto di gravissime discriminazioni, e di ogni genere di abusi in quasi tutti i 27 paesi dell’Unione, ed è per questa ragione che la lotta contro la discriminazione nei loro confronti è da anni all’agenda dei lavori di tutte le istituzioni comunitarie.
In Italia, malgrado le rassicuranti dichiarazioni rese dal governo italiano alla Commissione, i fatti provano che quanto affermato ad agosto dallo stesso governo Berlusconi, nella sua risposta ai dubbi di Bruxelles, non corrisponde al vero.
I casi di aggressione ad esponenti della comunità rom rimasti senza colpevoli e spesso senza neppure una adeguata attività di indagine da parte della polizia si sono moltiplicati, basta scorrere la stampa quotidiana, magari ormai solo nelle pagine locali, per trovare conferma di questo dato inconfutabile.
Il “censimento” dei campi, legali o “tollerati”ed “illegali” ha avuto come unico fine la preparazione delle operazioni di sgombero forzato che adesso il ministro dell’interno annuncia per ottobre. Ben al di là delle linee guida, le schedature sono state numerose e non certo limitate ai casi nei quali non erano possibili altre forme di identificazione, al punto che sono state schedate anche persone già in possesso di documenti di soggiorno.
Il Prefetto di Milano, d’intesa con il sindaco Moratti, ha già avviato da giugno la schedatura dei rom che si trovano nei campi, regolari ed abusivi, provvedendo anche a numerosi sgomberi, mentre il Prefetto di Roma che sembrava di non volere procedere, almeno immediatamente, al rilievo delle impronte digitali dei minori rom, si è presto conformato alle linee guida del governo.
Anche a Napoli, nei campi rom che non sono stati bruciati con le bottiglie incendiarie o sgomberati dalla polizia, sarebbe in corso da mesi la schedatura di coloro che sono privi di documenti o ritenuti di minore età, per i quali è sempre abbastanza facile affermare che non sono possibili altre forme di identificazione.
Perché non ci si rivolge ai consolati dei paesi di provenienza, oppure non si prende atto che si tratta di apolidi, molti dei quali nati in Italia e si fornisce loro il permesso di soggiorno? Adesso, con il pacchetto sicurezza approvato da parte del Parlamento, si potrà estendere il censimento dei campi rom “illegali” e la schedatura dei minori rom a tutto il territorio nazionale.
Le conseguenze delle iniziative che sull’onda del via libera da Bruxelles Maroni ha già annunciato saranno la definitiva criminalizzazione di migliaia di rom, e la loro clandestinizzazione, o la fuga in altri paesi europei, anche perché spesso il censimento diventa un pretesto per sottrarre i bambini alle famiglie nelle quali sono cresciuti.
E quando sono in pericolo i bambini i rom fuggono verso altri paesi anche quando questo può comportare per i genitori la morte, come quando non è più possibile accedere a strutture sanitarie pubbliche per ricevere farmaci salvavita.
Dopo che nel Parlamento Europeo si è consolidato un fronte favorevole ad una ulteriore chiusura nei confronti dell’immigrazione, con l’approvazione della direttiva sui rimpatri, si manifesta adesso una maggiore “cautela” delle istituzioni comunitarie come la Commissione nell’esprimere critiche verso governi come quello italiano, che hanno imposto, o favorito, scelte meramente repressive.
Ma forse sarebbe meglio parlare di ipocrisia e di calcolo politico in favore degli imprenditori politici della sicurezza, che ormai controllano una opinione pubblica sempre più propensa, di fronte alle crescenti difficoltà economiche, all’ennesima guerra tra poveri.
Di certo,anche se sulla carta le misure decise da Maroni non contrastassero con il diritto comunitario, in nessun paese dell’Unione Europea si è mai proceduto a schedature o a rilievi di impronte digitali esclusivamente rivolti ad un determinato gruppo etnico o a persone, anche minori, genericamente qualificati come “nomadi”.
Anche se adesso la Commissione Europea sembra appoggiare le decisioni politiche del governo italiano contro i “nomadi”, rimane aperta la strada dei ricorsi contro lo stesso governo italiano davanti alla Corte di Giustizia, o alla Corte Europea dei diritti dell’uomo, sulla base di singoli atti specifici, o di prassi amministrative che si pongano in contrasto con il principio di non discriminazione affermato dai trattati comunitari, dalla Convenzione Europea a salvaguardia dei diritti dell’Uomo e dalla Carta dei diritti fondamentali dell’Unione Europea.
Si è creato per legge uno “stato di emergenza”, come se la presenza dei rom in Italia fosse una improvvisa calamità naturale, in modo da consentire al governo Berlusconi di intervenire con ordinanze di protezione civile affidate alla gestione di commissari straordinari.
Il quadro normativo va completato con le norme del pacchetto sicurezza che prevedono l’assegnazione ai sindaci del potere di segnalare persone non in regola con il permesso di soggiorno e la utilizzazione dell’esercito per finalità di ordine pubblico.
Esattamente come si è fatto da anni con l’emergenza sbarchi, con ordinanze di protezione civile che hanno consentito l’apertura provvisoria di veri e propri centri di detenzione ed hanno legittimato le peggiori pratiche di deportazione in violazione dell’art. 13 della Costituzione italiana.
In entrambi i casi di fronte a fenomeni ampiamente prevedibili e di dimensioni governabili si è preferito lasciare incancrenire i problemi, creare allarme sociale per giustificare poi interventi straordinari.
Si tratta di poteri che intaccano diritti fondamentali della persona riconosciuti dalla Costituzione e dalle Convenzioni internazionali per effetto di disposizioni di carattere amministrativo. Un vero e proprio artificio, che ha consentito al governo italiano di nascondere anche all’Unione Europea le sue gravi responsabilità, una procedura che si sottrae alle regole del procedimento legislativo interno, un esempio di degrado istituzionale che non rispetta neppure il principio di legalità costituzionale e la gerarchia delle fonti normative. Dallo stato di diritto allo stato di polizia.
Restiamo comunque in attesa di conoscere il testo completo della valutazione da parte della Commissione perché non vorremmo che anche in questo caso si verifichi il falso effetto annuncio al quale era ricorso il nostro governo appena pochi mesi fa quando il ministro dell’interno aveva affermato di avere agito sulla base del regolamento comunitario n. 380 del 2008, che prevede l'obbligo di prendere le impronte digitali di cittadini di paesi terzi dall'età di sei anni, ma solo con l’“obiettivo di stabilire gli elementi di sicurezza e gli identificatori biometrici che gli Stati membri devono utilizzare in un modello uniforme per i permessi di soggiorno rilasciati a cittadini di paesi terzi”.
Ben venga il rilievo delle impronte digitali per tutti gli stranieri, minori compresi, quando si tratta di consegnare loro un permesso di soggiorno e non invece di preparare una separazione della famiglia, una espulsione o una deportazione forzata.
Secondo quanto affermato da Maroni, le disposizioni che prevedono il rilievo delle impronte digitali ai minori rom sarebbero stata adottate “seguendo le normative europee". Adesso la Commissione europea sembrerebbe dargli ragione.
Ma nessuna “normativa europea” collega il rilievo delle impronte digitali alle operazioni di censimento e di schedatura dei rom al fine di verificare la presenza di cd. irregolari, di sgombero dei campi “illegali” o di sottrazione dei minori, come si sta facendo con le ordinanze di protezione civile adottate in Italia dalla fine di maggio, dopo la dichiarazione per decreto di uno “stato di emergenza”.
Queste ordinanze conferiscono infatti al Prefetto i poteri per compiere operazioni di;
-“ monitoraggio dei campi autorizzati in cui sono presenti comunità nomadi ed individuazione degli insediamenti abusivi”;
-“ identificazione e censimento delle persone, anche minori di età, e dei nuclei familiari presenti nei luoghi ……, attraverso rilievi segnaletici”;
-“adozione delle necessarie misure, avvalendosi delle forze di Polizia, nei confronti delle persone …….. che risultino o possano essere destinatarie di provvedimenti amministrativi o giudiziari di allontanamento o di espulsione”
Malgrado le “linee guida” furbescamente adottate dal ministro dell’interno, dopo la valanga di critiche che aveva investito il suo operato, linee guida che tanto hanno colpito favorevolmente la Commissione Europea, tutto rimane affidato, oltre che alle scelte dei vertici del ministero dell’interno, alla discrezionalità dei commissari straordinari, quindi dei prefetti, e dei sindaci, e poi ancora dell’autorità di polizia, liberi di adottare tutte le “necessarie misure” nei confronti delle persone da identificare “che risultino o possano essere destinatarie di provvedimenti amministrativi o giudiziari di allontanamento o di espulsione”.
Dopo questo parere favorevole della Commissione Europea, da ottobre sarà possibile verificare le conseguenze devastanti delle operazioni di sgombero che il ministero dell’interno ha già in programma, non appena terminata la fase della schedatura e dei censimenti.
Senza rispettare il principio di eguaglianza e le scarne garanzie di difesa previste dalle Convenzioni internazionali, dal Testo Unico sull’immigrazione e dalla normativa sulla libera circolazione dei cittadini comunitari, normativa che tra l’altro il governo si appresta a modificare per l’ennesima volta.
Ed i minori, in ogni caso, anche se non possono essere direttamente “destinatari di provvedimenti di espulsione”, dovranno seguire i nuclei familiari in caso di allontanamento forzato, a meno che tramite qualche zelante assistente sociale non si riesca prima a ottenere la cessazione della potestà genitoriale.
Le misure annunciate sul censimento dei campi “illegali” e sulla schedatura dei bambini rom non produrranno alcuna maggiore sicurezza per i minori “nomadi”, né combatteranno l’accattonaggio, come asserito pretestuosamente dal ministro, ma alimenteranno ancora di più un clima di terrore nei campi e di discriminazione razziale al loro esterno, perché costituiscono la premessa per successivi provvedimenti che tenderanno ad allontanare i piccoli rom dalle loro famiglie, quando non abbiano uno status di soggiorno legale o vivano nelle condizioni di degrado nelle quali da anni sono colpevolmente abbandonate dalle autorità italiane.
Tutto questo, dopo la approvazione finale del pacchetto sicurezza, si sta già traducendo in nuovi interventi repressivi, aggravati dal generale inasprimento delle sanzioni penali a carico degli immigrati. Le carceri ed i centri di detenzione ritorneranno in condizioni esplosive. Gli interventi potranno essere affidati adesso anche all’esercito, oltre che alle nuove polizie urbane armate, e si intensificheranno ad ottobre, come annunciato dal ministro Maroni.
In questo modo si produrrà l’unico risultato di incrementare la clandestinizzazione dei rom, spezzando quei percorsi di integrazione in base ai quali si era riusciti a regolarizzare la posizione di intere famiglie partendo dalla integrazione socio-scolastica dei minori figli di irregolari.
Si vanificheranno in questo modo quei progetti di intervento sociale che con grande difficoltà stavano tentando di recuperare una effettiva valenza dei diritti di cittadinanza di tutti i rom nel rispetto della legalità e della convivenza civile.
La sicurezza è un bene indivisibile, per tutti o per nessuno. Il riconoscimento dei diritti e delle opportunità di legalità è la migliore garanzia del rispetto dei doveri. Ai Rom e ai Sinti deve essere riconosciuto il medesimo “status” di minoranza nazionale, vanno attuate e favorite politiche di integrazione, di partecipazione diretta e di mediazione culturale in loro favore.
Inoltre vanno attuate politiche di accoglienza a favore dei Rom comunitari, nell’ambito di una politica europea che rimuova le cause che provocano la loro immigrazione in Italia. Piuttosto che adottare misure di stampo chiaramente repressivo e discriminatorio , al di là delle buone intenzioni che si enunciano, in nome di inesistenti normative comunitarie, occorrono leggi che realizzino anche in Italia le Raccomandazioni del Consiglio d’Europa a tutela dei Rom.
Occorre soprattutto una procedura di regolarizzazione, con l’acquisto della cittadinanza a favore dei bambini Rom nati e residenti in Italia, e in questo caso ben venga il rilievo delle impronte digitali, che però allora va esteso a tutti i bambini italiani in età superiore a sei anni, anche perché i casi di rapimenti a danno di minori italiani sono molto più frequenti tra gli italiani, sia in termini assoluti che in percentuale alla popolazione residente.
Se si vorrà garantire una maggiore sicurezza, per tutti, attraverso la eliminazione delle sacche di clandestinità e di emarginazione, si dovrà realizzare la legalizzazione di tutti i giovani adulti rom anche di terza generazione, nati e vissuti in Italia ma che non hanno accesso al lavoro regolare ed ai servizi fondamentali perché considerati clandestini e quindi senza nessun diritto di cittadinanza attiva. Anzi espellibili in ogni momento in cui vanno a rivendicare i loro diritti. E sono decine di migliaia.
Una condizione di soggiorno regolare è il più forte deterrente verso la commissione di reati, e consente un ingresso legale nel mondo del lavoro. Va riconosciuta la “carta di soggiorno” per i Rom che abitano in Italia da almeno 5 anni e per i rom comunitari, a prescindere dai certificati di residenza.
Prima di procedere al “censimento - schedatura” ed allo sgombero dei campi “nomadi” ritenuti abusivi anche quando sono stati riconosciuti o tollerati per anni dalle amministrazioni comunali, i diversi gruppi di rom vengano sistemati - come prescrive il Consiglio d’Europa - in insediamenti decorosi: alloggi, case o microaree residenziali a dimensioni di famiglie allargate, scelti in concorso con gli interessati, praticando politiche che si confrontino con le istanze delle comunità locali.
Occorre mettere fine alla strumentalizzazione della paura ed alla guerra tra poveri innescata dalle politiche di governo, a livello locale e nazionale, che puntano sulla sicurezza per nascondere i problemi e le frustrazioni derivanti dall’abbattimento dello stato sociale e dalla crescente povertà di strati sempre più ampi della popolazione. di Fulvio Vassallo Paleologo, Università di Palermo

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