mercoledì 8 ottobre 2008

Roma, nuova udienza del processo Reggiani

«Il volto insanguinato, le mani piene di graffi». Così nell'udienza di lunedì 6 ottobre del processo per l'omicidio di Giovanna Reggiani, aggredita e uccisa il 30 ottobre scorso nei pressi della stagione ferroviaria Tor di Quinto a Roma, un agente ha descritto la condizioni del presunto omicida, Romulus Nikolay Mailat, al momento del ritrovamento.
Davanti alla Corte d'Assise presieduta da Angelo Gargani sono stati ascoltati gli ispettori Stefano Valdannini e Sara Barrella, l'assistente Mario Forgetta e l'ispettore capo Franco Martinelli, della Polizia scientifica. Ricostruiti quindi i fatti, a partire dalla segnalazione di un autista dell'Atac fermato da una romena che gli disse di avere visto il corpo di una donna sotto un ponte. «La donna - ha ricordato l'agente Forgetta - aveva il maglione alzato, un solo stivaletto e i pantaloni abbassati senza slip. Il volto era tumefatto, il sangue usciva dal naso».
La supertestimone. Fu la stessa romena, indicata come la supertestimone Emilia Neamtu, «a pronunciare il nome di Mailat e invitarci a seguirla fino ad un accampamento poco lontano dal luogo del ritrovamento. Lì ci indicò una baracca dalla quale uscì Mailat - ha continuato il poliziotto - Aveva un giubbetto blu, sangue sul volto, graffi sulle mani e le scarpe infangate. Lo portammo via perché le altre persone del campo cominciarono a inveire contro di noi».
Sotto il letto di Mailat la borsa della vittima. Secondo il racconto degli agenti, inoltre, nella baracca dalla quale uscì Romulus Mailat fu trovata una borsa dentro la quale c'era una busta contenente un fodero di ombrello, uno scontrino di un negozio, un contenitore in plastica e un fermacapelli: «Rifacendo il percorso a ritroso dal luogo della baracca a dove fu trovata la Reggiani trovammo un ombrello dello stesso tipo di tessuto del fodero trovato nella baracca - hanno sostenuto i poliziotti - Lì vicino c'era anche una rete metallica sollevata al di là della quale trovammo un mazzo di chiavi, una scarpa-stivaletto dello stesso tipo di quella che indossava la vittima, un giubbotto, due maglioni uno dei quali macchiato di sangue in più punti, ma soprattutto segni in terra di trascinamento».
Il legale di Mailat: non ci sono tracce materiali. Piero Piccinini, legale di Romulus Nicolae Mailat, sostiene che tutti gli interrogativi e le perplessità restano e continuano a non esserci tracce materiali o biologiche: «Non sono state trovate tracce di sangue sugli abiti di Mailat, né sono stati trovati gli stracci che avrebbe dovuto usare per pulirsi».

«Ci sono troppe contraddizioni - ha continuato il legale - la pioggia non è sufficiente per cancellare il sangue dal viso del mio assistito. Tracce viste al momento dell'arresto avvenuto nel campo rom e che sarebbero sparite al momento del suo trasporto nella vettura della polizia. Tutto questo ci lascia delle perplessità. La signora Emilia (la supertestimone dell'accusa) ci è stato detto che è sotto protezione, che ha paura, ma la verità è che ancora non si trova. Quello che conta sarà sentire i due testimoni Dorin Obedea e Clopotar che ci possono aiutare a capire quello che è successo. Ho citato altri tre testimoni romeni, si tratta di persone che quella sera erano al campo rom e che sono in grado di fornirci gli orari degli spostamenti di Mailat nel campo. Cosa singolare è che nessuno del campo è stato mai sentito».
L'udienza è stata aggiornata a mercoledì prossimo, per sentire due medici legali e un agente che operò al momento del fatto. Tra le altre persone indicate dal pm Maria Bice Barborini anche il marito della Reggiani, l'ammiraglio Giovanni Gumiero, che dovrebbe essere sentito nelle prossime udienze: «Il mio assistito vive in una dimensione privata il suo dolore - ha detto l'avvocato di parte civile Tommaso Pietrocarlo - Se sarà convocato verrà a testimoniare in aula».

1 commento:

Anonimo ha detto...

mailat è innocente....è stato un naziskin che passava da quelle parti!!!