venerdì 24 ottobre 2008

Ue, la sinistra non vota per Premio Sakharov a Hu Jia

I vertici della sinistra del Parlamento europeo hanno accolto molto freddamente, oggi a Strasburgo, la decisione di assegnare al dissidente cinese Hu Jia il Premio Sakharov per la difesa dei diritti dell'uomo. Durante il voto sull'attribuzione del Premio, avvenuto stamattina nella Conferenza dei presidenti dei gruppi politici (l'organo di autogoverno dell'Europarlamento), il presidente del Pse, Martin Schulz, e la tedesca Sylvia-Yvonne Kaufmann a nome della Sinistrea unitaria europea (Gue), si sono astenuti, visibilmente poco contenti della decisione.
L'astensione in questo caso non è un gesto di significato minore, visto che tradizionalmente (questa era la ventesima edizione del Premio Sakharov) l'attribuzione viene decisa per consenso: quando diventa chiaro quale candidato è sostenuto dai capigruppo rappresentanti la maggioranza dell'Europarlamento, tutti votano per quel candidato. Freddina, poi, è apparsa stamattina anche l'accoglienza dello 'stato maggiore' del Pse nelle prime file dell'Aula, al momento dell'annuncio ufficiale da parte del presidente dell'Europarlamento, Hans-Gert Poettering, tra gli applausi dell'Assemblea.
Sulle questioni riguardanti i diritti umani e le libertà civili, in genere, il Parlamento europeo si pronuncia poggiando su una solida maggioranza di centro sinistra (Pse, Gue, Verdi e Liberaldemocratici), a cui si aggiunge quasi sempre il Ppe, gruppo di maggioranza relativa, nei casi che riguardano più in particolare la difesa della dignità umana. E' piuttosto inedito, dunque, in questo caso, questa sorta di 'scollamento' del Pse e del Gue.
In questo caso, fra l'altro, l'attribuzione del Premio a Hu Jia era quasi obbligata, viste le furiose (se non minacciose) pressioni che hannpo cercato di esercitare le autorità cinesi sui membri più influenti del Parlamento europeo. Il 16 ottobre, in particolare, l'ambasciatore di Pechino presso l'Ue, Song Zhe, aveva inviato una lettera a Poettering e ai capigruppo politici in cui si affermava che l'eventuale attribuzione del Premio a Hu Jia avrebbe "offeso inevitabilmente il popolo cinese e deteriorato gravemente le realzioni fra la Cina e l'Ue". Song Zhe aveva anche avvertito che "non riconoscere i progressi realizzati in Cina in materia di diritti dell'uomo e insistere sulla confrontazione non potrà che approfondire l'incomprensione fra la Cina e l'Ue".

Le pressioni senza precedenti di Pechino sono state denunciate in particolare dal capogruppo liberaldemocratico, lo scozzese Graham Watson, e dai co-presidenti dei Verdi europei, Monica Frassoni e Daniel Cohn-Bendit, che erano stati i tre 'sponsor' iniziali della candidatura di Hu Jia (insieme ad altri 55 europarlamentari). Lo stesso Poettering, a margine della sessione plenaria del Parlamento europeo, ha dichiarato che "il Premio è attribuito a Strasburgo, non a Pechino", mentre un suo portavoce ha definito "controproducenti" le pressioni cinesi.
Il leader eurosocialista Schulz, da parte sua, aveva candidato inizialmente la franco-colombiana Ingrid Betancourt, ormai libera dopo essere stata sequestrata per anni dai guerriglieri delle Farc nella foresta colombiana, mentre un altro dirigente eurosocialista, l'olandese Jan Marinus Wiersma, aveva puntato sul bielorusso Aleksandr Kozulin (ex candidato alla presidenza del suo paese, condannato a cinque anni e mezzo di prigione), che era sponsorizzato anche dai popolari polacchi. I comunisti del Gue, invece, avevano proposto il Centro europeo per i diritti dei rom (Errc), una candidatura avanzata dall'italiano Vittorio Agnoletto, ma un'altra europarlamentare italiana dello stesso gruppo, Luisa Morgantini, aveva appoggiato Padre Apollinaire Malu Malu, presidente della Commissione elettorale indipendente del Congo. Su quest'ultima candidatura erano poi confluiti anche i socialisti, dopo che Betancourt era stata considerata esclusa (e in compenso invitata a intervenire davanti all'Europarlamento, ormai libera).
"Noi abbiamo sempre spinto - ha detto Monica Frassoni oggi a Strasburgo - affinché il Premio fosse attribuito a persone che stanno ancora nel mezzo della loro battaglia, e spesso nei guai, in modo da aiutarli rendendo più nota, più universale la loro azione. Siamo contrari, invece, a dare il Premio per favorire chi ha concluso, per così dire, il suo lavoro, ed è già iperconosciuto". Quanto alle pressioni di Pechino, la capogruppo verde ha rilevato che "se la situazione dei diritti umani in Cina non fosse drammatica, definirei quasi ridicoli questi tentativi di influenzare Parlamento europeo. Ora è chiaro che l'urgenza della questione dei diritti umani e delle libertà civili in Cina non è finita con le Olimpiadi".
Riguardo all'atteggiamento 'freddo' dei dirigenti del Pse, Frassoni ha osservato: "Francamente non lo capisco: forse erano stizziti per non aver ottenuto che il Premio andasse al loro candidato, com'era sempre avvenuto negli anni scorsi, e forse sono delusi per non essere riusciti a portarsi appresso il Ppe, come cercano spesso di fare. Ma soprattutto - ha concluso la capogruppo dei Verdi europei - mi sembra che temessero di contrariare la Cina, con quello stesso riflesso di 'realpolitik' che frena i governi dei Ventisette quando si tratta di denunciare gli abusi di Pechino".

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