«Le azioni perpetrate contro i Rom ad opera delle autorità italiane violano un certo numero di obblighi assunti dall' Italia nel quadro della legge internazionale sui diritti umani... Perciò il governo italiano deve cessare immediatamente di diffondere commenti contro i Rom e di propagare l' odio verso di essi...».
Sono alcune fra le ultime righe del rapporto sulla situazione dei Rom e dei Sinti in Italia, che sta sui tavoli della Commissione Libertà civili, giustizia e affari interni del Parlamento Europeo. (Ieri, è stato discusso dalla stessa Commissione ma ad ora non ci sono lanci da parte delle agenzie stampa italiane).
Se, come sembra probabile, sono state confermate e ufficializzate le conclusioni, da «rapporto intermedio» qual è ora tecnicamente si trasformerà in una relazione su cui sarà chiamato a votare l' intero Parlamento.
E' un documento severo nei toni e nella sostanza, basato su tre filoni di informazione: il viaggio compiuto in settembre a Roma da una delegazione della stessa Commissione (e «movimentato» da una accesa discussione con parlamentari italiani); le relazioni di varie Organizzazioni non governative; e infine, un elenco di episodi di cronaca, dai roghi nel campo di Ponticelli alle chiusure di altri campi a Milano o nel Lazio Alla fine, le conclusioni.
L' Italia viene invitata «ad adottare una campagna nazionale antirazzismo per migliorare la percezione pubblica dei Rom», a «indagare su tutti i casi presunti di maltrattamenti da parte delle forze dell' ordine», «a condannare pubblicamente tutti i pogrom anti-Rom», «a cancellare senza ritardo tutte i provvedimenti che prendano di mira negativamente i Rom».
Esempi: «i Patti per la sicurezza adottati a Napoli, Roma, Milano, Firenze»; le misure di emergenza decise in maggio per i campi in Campania, e «l' iniziativa da parte del ministro dell' interno Roberto Maroni di compiere un censimento dei Rom in Italia attraverso la rilevazione delle impronte digitali, fatto che viola ulteriormente le leggi sulla protezione dei dati personali».
Le prime indiscrezioni sui contenuti nel rapporto hanno già acceso la polemica nei saloni del Parlamento. Anche perché nella Commissione libertà civili, «governata» da una maggioranza composta da socialisti, Verdi e liberali, siedono molti deputati italiani.
«Ho l' impressione che questo rapporto sia prima di tutto intempestivo - dice Mario Mauro, cattolico del Ppe e vicepresidente del Parlamento - perché bisognerebbe aspettare almeno sei mesi, per giudicare i risultati delle misure adottate dal governo. Ma poi, il testo ha più che altro il senso di una provocazione».
In che senso? «Beh, pecca in parte di un approccio ideologico: vari colleghi sono andati in Italia con la voglia di applicare una lettura predefinita, piuttosto che di cercare la verità dei fatti. Che sono complessi, e antichi: perché il degrado dei campi durava da anni, non è iniziato tre giorni prima della visita della Commissione.... Poi, certo, il problema esiste: però ne parliamo oggi, solo perché questo governo ha deciso di affrontarlo. Dopo, diremo se ha agito bene o male: ma per favore giudichiamolo sui fatti, non in base ai pregiudizi». di Luigi Offeddu
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