La Cassazione ha annullato una sentenza della Corte d’Appello di Napoli che aveva condannato una madre rom scoperta a fare accattonaggio con il figlio, immediatamente sono arrivate le critiche di chi è convinto che quando si tratta di Rom e Sinti qualsiasi atto di giustizia deve essere negato.
A mio giudizio questa sentenza è un atto di giustizia verso i bambini rom e sinti ed una precisa accusa a quella politica che nega illegalmente i diritti essenziali.
Tanti dovrebbero riflettere e ricordarsi che fino al qualche decennio fa molti minori italiani “aiutavano” le loro famiglie lavorando nelle attività del genitore (accade ancora oggi in alcune regioni italiane) per uscire da una condizione di povertà o di emarginazione e magari questi minori italiani per aiutare le loro famiglie frequentavano un diverso modello di istruzione (scuola paterna, scuola serale, scuola popolare, ecc.), modello di istruzione adatto alle realtà ed ai bisogni personali del minore e della sua famiglia.
Perchè la stessa valutazione non si verifica per i bambini Rom? Tanti dovrebbero riflettere sulle motivazioni della sentenza della Cassazione che afferma: la madre rom non faceva parte «di un’organizzazione volta allo sfruttamento dei minori», ma occorre anche «prestare attenzione alle situazioni reali».
Primo: la donna mendicava per povertà.
Secondo: mendicava con il figlio soltanto per alcune ore del giorno, quindi non c’è «quella integrale negazione della libertà e dignità umana del bambino che consente di ritenere che versi in stato di servitù».
Terzo: non si possono «criminalizzare condotte che rientrino nella tradizione culturale di un popolo», per «alcune comunità etniche costituisce una condizione di vita tradizionale molto radicata nella cultura».
Le motivazioni di questa sentenza mettono in evidenza un reale dato di partenza della realtà e dei bisogni di molte famiglie rom e sinte, realtà e bisogni che si possono modificare con la programmazione di una corretta politica di interazione con Rom e Sinti, ma in particolare le motivazioni di questa sentenza della Cassazione è un atto di accusa alla politica, che quando si tratta delle nostre minoranze:
1) non intende svolgere il proprio dovere
2) non applica diritti e principi costituzionali
3) utilizza la discriminazione razziale per la ricerca del consenso
4) non attiva corrette opportunità di politiche sociali coerenti alla realtà ed ai bisogni
5) ignora ogni forma di strategia interculturale con e per Rom e Sinti.
Anche io da bambino ho aiutato la mia famiglia chiedendo l’elemosina, nessuno mi ha mai costretto a farlo e quando i miei genitori non mi portavano con loro a “manghel” cioè a chiedere l’elemosina, stavo male perché non potevo essere utile all’economia familiare. Mio padre ha sempre lavorato ma il reddito non era sufficiente e quindi i miei genitori erano obbligati a chiedere l’elemosina per non far mancare il necessario per mangiare ai propri figli. di Nazzareno Guarnieri, continua a leggere…
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