Il dialogo: è questo l’atteggiamento che il cardinale Dionigi Tettamanzi chiede alla città di Milano per affrontare il presente e il futuro. L’arcivescovo l’ha espresso il proprio pensiero nel “discorso alla città” pronunciato venerdì 5 dicembre 2008, in occasione dei primi vespri della solennità di Sant’Ambrogio. Tettamanzi ha ribadito il suo pensiero in un’intervista (di cui riportiamo la trascrizione integrale) realizzata da Davide Dionisi per Radio vaticana.
Esordisce Tettamanzi: “Io penso che il dialogo sia oggi una vera e propria emergenza. Questo, perché ci troviamo di fronte al fenomeno della solitudine, che chiude in se stessi ed esclude dagli altri, insieme al fenomeno di una contrapposizione molto accentuata, per cui pare di poter dire che gli uni sono contro gli altri e tutti contro tutti. Ma il dialogo, io penso, sia un tratto fondamentale, addirittura costitutivo della nostra umanità.
Proprio per questo diventa urgente domandarsi se oggi sia ancora possibile dialogare. Io risponderei che tante volte è difficile, è difficilissimo, ma è possibile dialogare ad una condizione che si impari a dialogare: questo significa riconoscere l’altro nella sua dignità di persona, rispettarlo nella sua libertà, consentirgli di essere se stesso, avere fiducia negli altri”.
La sua è anche un’esortazione all’incontro, a superare le contrapposizioni. In che modo creare i giusti presupposti nelle grandi città per aiutare un dialogo interculturale e interreligioso?
“Penso che si debba iniziare con l’abbandonare i pregiudizi e le schematizzazioni. Quando questo verrà abbandonato, io penso, potrà avere inizio il parlare, il discutere con tutti, anche con i credenti delle altre religioni e aggiungo anche con i fedeli dell’islam. Tanti dubbi, certe domande, certo esistono, a proposito delle altre religioni, ma di fronte a tutto questo penso che si debba pure incominciare con un dialogo personale e cercare di capire, di vedere se tutto quello che viene detto corrisponde al vero.
Certo, a volte, ci si trova di fronte a degli atteggiamenti singoli che sono gravi, sono da deprecare con grande forza, ma tutto questo non può diventare occasione per guardare con sospetto e per accusare tutti gli appartenenti ad una religione. Per incontrare l’altro, ciascuno di noi dovrebbe incontrare se stesso, la propria interiorità, e in questa interiorità incontrare Dio come Padre di tutti e quindi venire aiutato davvero ad avere un cuore grande, anche se tutto questo esige tanta pazienza, tanta onestà intellettuale, tanto rispetto della libertà dell’altro e tanta capacità di ascolto”.
Quale attualità ha ancora oggi il messaggio di Sant’Ambrogio e in che modo può essere applicato nella nostra quotidianità?
“Quando noi pensiamo a Sant’Ambrogio, pensiamo ad un grande vescovo, ad un grande pastore, e direi che occorrerebbe recuperare anche la figura di Ambrogio come politico, o meglio, come vescovo che è coraggioso, al punto che è capace nei momenti di difficoltà di fare chiarezza su uno dei problemi più delicati e più attuali, che è il problema del rapporto tra la politica e la morale.
Io penso che da Sant’Ambrogio viene un insegnamento che è particolarmente utile, vorrei dire assolutamente necessario oggi, ed è questo: che davanti alla legge morale - così ha continuato ad insegnare, a testimoniare Sant’Ambrogio - chi detiene il potere politico non è mai nella posizione di chi è sciolto dalla propria responsabilità, anzi, proprio perchè detiene questo potere ha un di più di responsabilità in rapporto alla propria coscienza, in rapporto a tutti gli altri, soprattutto in rapporto a Dio”.
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