giovedì 15 gennaio 2009

Varallo (VC), Porrajmos: altre tracce sul sentiero per Auschwitz

In occasione del Giorno della Memoria, l'Istituto per la storia della Resistenza e della società contemporanea nelle province di Biella e Vercelli "Cino Moscatelli" espone a Varallo, nella sede di via D'Adda, 6, dal 12 al 30 gennaio 2009, la mostra Porrajmos, altre tracce sul sentiero per Auschwitz. La mostra è curata da Carlo Berini, per l’Istituto di Cultura Sinta di Mantova, con la collaborazione di Paola Dispoto per l'associazione Nevo Drom di Bolzano. I testi e le foto sono tratti dal volume "Porrajmos, altre tracce sul sentiero per Auschwitz", edito dall'Istituto di Cultura Sinta nel gennaio 2006. La mostra sarà aperta da lunedì a venerdì dalle 9 alle 13 e dalle 15 alle 18.
La mostra ripercorre le vicende della persecuzione e dello sterminio subiti dalle popolazioni rom e sinte ad opera dei regimi nazista e fascista.
Quanti oggi conoscono la parola porrajmos? Pochissimi.
Questo è l’indizio più significativo di come la memoria dei popoli che ci ostiniamo a chiamare zingari e nomadi fatichi a trovare ascolto e cittadinanza in Italia. Porrajmos è la parola che nelle lingue sinte e rom definisce il “divoramento” subito in Europa tra il 1934 e il 1945.
L’Europa nazista e fascista fu teatro dell’annientamento di almeno la metà dell’intera popolazione rom e sinta europea. Cinquecentomila uomini, donne e bambini perseguitati, imprigionati, uccisi, deportati nei lager e seviziati, vittime degli orrendi esperimenti medici nazisti, sterminati nelle camere a gas e nei forni crematori.
Nei processi ai nazisti colpevoli di crimini contro l’umanità che seguirono la liberazione, primo tra tutti quello di Norimberga, rom e sinti non ebbero spazio. Le loro sofferenze non solo non vennero mai indennizzate, ma nemmeno prese in considerazione. Solo nel 1980 il governo tedesco riconobbe ufficialmente che i rom e i sinti durante la guerra avevano subito una “persecuzione su base razziale”.
In Italia le popolazioni sinte e rom non hanno ancora ricevuto nessun riconoscimento ufficiale per le persecuzioni su base razziale subite durante la dittatura fascista. La legge n. 211 del 20 luglio 2000 che istituisce il “Giorno della Memoria in ricordo dello sterminio, delle persecuzioni del popolo ebraico e dei deportati militari e politici italiani nei campi nazisti”, non ricorda lo sterminio subito dalle popolazioni sinte e rom.
Perpetrare l’oblio nel quale si rischia di cancellare questi eventi equivale a legittimare un’oltraggiosa indifferenza per tutte le vittime della follia nazifascista ma, soprattutto, è il segno di una cecità pericolosa. Ciò che accade oggi in Italia alle popolazioni sinte e rom è anche il risultato di questo oblio, di questa ipocrita indulgenza nei confronti della memoria storica italiana. A queste popolazioni, italiane da generazioni, viene ancora negato il diritto di essere parte integrante e interagente del Paese.

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