venerdì 6 marzo 2009

Roma, un gran pasticcio le indagini sullo stupro della Caffarella

Ci sono gli identikit tracciati dagli uomini della Mobile su indicazione dei fidanzatini aggrediti alla Caffarella, che non corrispondono per nulla ai volti di Karol Racz e Alexandru Loyos Isztoika. Il verbale del 15 febbraio, nel quale la ragazzina violentata nel parco, «fortemente provata dalla visione e in lacrime», indica tra dodici fotografie quella di Alexandru Isztoika, individuandolo come «quello con i capelli biondi», il primo dei due uomini che ha abusato di lei. E poi l’altro verbale della minorenne, quello del 16 febbraio, quando chiamata a riconoscere il secondo stupratore, indica un altro romeno, C.C. e non Karol Racz, arrestato nei giorni successivi su indicazione del suo amico e presunto complice Isztoika. C.C. però ha un alibi blindato. Alla polizia bastano 24 ore per verificarlo. E il caso viene chiuso.
Non ci sono sorprese tra gli atti depositati dal pm Vincenzo Barba, titolare del fascicolo sullo stupro della Caffarella, in vista dell’udienza davanti al Tribunale del Riesame. Mancano ancora gli accertamenti sul Dna dei due indagati, gli esami sui reperti biologici che scagionano i romeni perché consegnano agli inquirenti il profilo genetico di altre due persone. Il pm ha atteso il deposito dell’ultima consulenza, quella affidata alla genetista Carla Vecchiotti, che doveva stabilire se la comparazione tra i Dna degli indagati e quelli individuati sui reperti fosse corretta. E’ stata consegnata solo ieri. Conferma i primi esami e anche questa scagiona i due romeni. Sarà depositata oggi in cancelleria.
C’è invece la confessione di Isztoika, il verbale nel quale l’uomo racconta quel pomeriggio e riferisce alcuni particolari, come il dettaglio che la ragazza indossava una gonna, poi le orribili modalità della violenza, in sequenza. Dell’interrogatorio anche il video, consegnato dalla procura ai giudici perché si rendano conto del clima nel quale è avvenuta la confessione. L’indagato, sbadiglia, intorno a lui ci sono sei persone, risponde alle domande, non si dilunga, ma l’atmosfera non è pesante. La procura vuole che i giudici lo guardino a fronte delle dichiarazioni rese due giorni da Isztoika : «Sono innocente, ho confessato per le violenze fisiche e psicologiche subite dalla polizia italiana e da quella romena».

Agli atti ci sono anche le testimonianze degli amici di Racz e Isztoika che confermano gli alibi forniti in sede di interrogatorio, davanti al gip Valerio Savio, dai due indagati. I rom del campo di Torrevecchia, che si trova molto lontano dal parco della Caffarella, sostengono che alle 19 i due romeni fossero nelle baracche. Una circostanza incompatibile con l’orario dello stupro, avvenuto dopo le 18.
E c’è anche un altro particolare che non emerge dalle carte, ma secondo il legale di Racz, Lorenzo La Marca, rende incompatibile la presenza del suo cliente con lo stupro della Caffarella. A verbale la ragazza nel ripercorrere la sequenza di violenze del 14 febbraio riferisce anche le frasi che i due violentatori si scambiavano tra loro durante lo stupro. «E’ impossibile. Racz non parla una sola parola d’italiano e non capisce la nostra lingua. Solo attraverso un interprete riesco a comunicare con il mio cliente».
Intanto ieri al romeno è stata notificata un’altra ordinanza di custodia cautelare in carcere. Il suo nome era già stato iscritto sul registro degli indagati per una violenza sessuale avvenuta a Roma, nel quartiere di Primavalle, il 21 gennaio. Da ieri il romeno è detenuto anche per quello stupro. Alla base dell’ordinanza il riconoscimento della vittima, avvenuto in sede di incidente probatorio. Gli accertamenti tecnici sui reperti e sulle tracce biologiche non sono ancora completi, ma quelli eseguiti finora non hanno dato alcun risultato. Sono inutilizzabili. di Valentina Errante

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