Sono arrivati all'alba. Almeno sei automobili della polizia, tra i dieci e i venti poliziotti, armati di telecamere e macchine fotografiche, che hanno iniziato a individuare e identificare tutti i presenti nel campo nomadi di strada La Rizza 65, di Forte Azzano.
«Una normale attività di monitoraggio e di controllo», la definisce il capo della Squadra mobile della questura, Marco Odorisio.
«Una schedatura di massa mai vista prima», controbatte don Francesco Cipriani, il sacerdote che per conto della diocesi assiste spiritualmente nomadi, cura la pastorale tra i Rom e i Sinti e da 39 anni vive in mezzo a loro, con una piccola comunità di cui fa parte anche una delle maggiori teologhe italiane, Cristina Simonelli, che ieri mattina era partita poco prima dell'arrivo degli agenti. «Hanno fotografato tutti, compresi tre minorenni, di fronte e di profilo, con un cartello in mano coi dati anagrafici».
«Le fotografie sono state fatte solo a chi ha rifiutato di fornire documenti», sostiene invece Odorisio, «ai sedicenti». Ossia, a chi ha fornito solo a voce le proprie generalità».
«Niente affatto», replica don Cipriani, «molti sono stati fotografati con le carte di identità in mano».
Al di là delle versioni contrapposte, che non sia comunque una operazione «normale» lo conferma indirettamente proprio il comunicato della questura, che parla di «oltre 150 uomini della polizia, appartenenti a tutte le questure del Veneto, alla polizia scientifica, ai reparti prevenzione crimine Veneto, Liguria, Piemonte e Lombardia» e di «un controllo in 15 campi di nomadi giostrai nelle province di Venezia, Padova, Verona, Vicenza e Treviso». Un'operazione pianificata dalla Squadra mobile di Venezia e coordinata dal Servizio centrale operativo della polizia, ossia da Roma, che, recita il comunicato, «ha consentito di censire centinaia di giostrai, molti dei quali ritenuti dediti alla commissione dei cosiddetti reati predatori».
Una mobilitazione massiccia che ha partorito un topolino dal punto di vista della sicurezza, se è vero che c'è stato un solo arresto, quello di una quarantacinquenne trovata a Cerea, P. C., che deve scontare una pena di «mesi cinque e giorni ventotto di reclusione».
Colpisce, invece, nella comunicazione ufficiale la presenza del termine «censire», che era evidentemente il vero scopo dell'operazione, e la contemporanea assenza dei termini «rom» e «sinti», minoranze etniche alle quale appartenevano tutti i cittadini italiani «censiti», quasi a voler preventivamente nascondere un qualsiasi obiettivo di tipo razziale.
«Questa è invece un'operazione di polizia etnica», diceva in serata, in una piccola manifestazione di protesta che, nonostante la pioggia, ha radunato una ventina di persone davanti alla prefettura, Daniele Todesco, vicino a Migrantes, l'organismo della Chiesa cattolica che si occupa di immigrazione. «E in una struttura creata dal Comune nel 1989. Un domani che faranno? Verranno nelle nostre case?»
«Se poi si parla di “giostrai”», precisa Elisabetta Adami, della comunità del campo, «si dice una falsità. Perché qui nessuno lavora con le giostre e se lo fece in passato non lo fa più da decenni». di Giancarlo Beltrame
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