Io, la mia famiglia Rom e Woody Allen è la storia di una ragazza rom che abita con i suoi in un quartiere popolare alla periferia di Torino. Il racconto in prima persona esplora i cambiamenti e le difficoltà della nuova vita stanziale, le relazioni con i parenti. Ma anche i contrasti e le incomprensioni che fin da bambina la accompagnano nelle relazioni con gli altri, i Gagè. Attraverso i ricordi dei suoi familiari, tra cui l’anziana nonna che ancora vive in un campo, le fotografie e i filmati del padre che ha documentato negli anni la vita quotidiana della piccola comunità, scopriamo una realtà sconosciuta che fino ad oggi abbiamo voluto conoscere solo attraverso gli stereotipi e i luoghi comuni. Ma il documentario non è soltanto la storia di una famiglia, di fatto chi parla è una ragazza di oggi che cresce inseguendo i propri sogni di adolescente, combattendo contro i pregiudizi e le tradizioni di una cultura difficile da accettare.
Un viaggio intimo e personale tra la fine della vita rom e lo stanziamento in una casa popolare di Torino. Laura è l'unica figlia femmina della famiglia Halilovic, una famiglia arrivata in Italia dalla Bosnia negli anni sessanta. La regista diciottenne ci racconta in prima persona con ironia e senso dell’umorismo il suo rapporto con la famiglia e il suo percorso per accettare le proprie origini e allo stesso tempo realizzare il suo sogno di diventare regista.
Il documentario presenta una riflessione sulla fine della vita rom, sulle relazioni con i parenti che ancora vivono nei campi e con i gagè, i vicini non rom. Più in generale è una riflessione sulla difficoltà nel rapporto con gli altri, sentimento che accompagna Laura sin dall’infanzia.
Spiega Laura Halilovic: «Se prendi il giornale al mattino e leggi una notizia che riguarda i Rom la maggior parte di quello che è scritto sono falsità. Secondo me i giornali prendono spunto da un fatto di cronaca per aumentare e rendere più pesante quello che è veramente successo. I giornalisti sanno bene che i Rom sono mal visti da quasi tutti e non fanno nulla per aiutare a cambiare le cose. Già i Gagè odiano i Rom, in più ci si mettono anche i giornali a pubblicare informazioni distanti dalla realtà e così la gente continua ad avere un'opinione estremamente negativa. Anche per questa ragione ho voluto fare un documentario. Vorrei che servisse a combattere i pregiudizi che ci sono sui Rom e a far capire che non siamo tutti delinquenti.»
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