lunedì 8 giugno 2009

Pisa, il Sindaco rispetti la Costituzione

«Chiediamo all'Amministrazione comunale di sospendere immediatamente il provvedimento di sgombero, perché stabilire la verità dei fatti non spetta al Sindaco ma è compito della giustizia». Si esprimono così i Rom macedoni e kosovari esclusi dalle abitazioni del programma Città Sottili. Per capire cosa è successo, e a cosa si riferiscano queste parole, bisogna fare un piccolo passo indietro.
- I fatti del Gennaio 2008. Nel Gennaio 2008 scoppia una rissa tra un gruppo di Rom kosovari e un altro di Rom macedoni. La Polizia predispone controlli straordinari e perquisizioni: in alcuni alloggi vengono trovate pistole, bastoni e coltelli. Poiché alcuni degli indagati risultano beneficiari degli interventi di accoglienza del programma Città Sottili, l'allora Sindaco Paolo Fontanelli dichiara che "una volta appurate le responsabilità, gli autori degli atti criminali saranno sospesi dal programma".
Ma l'atteggiamento dell'amministrazione cambia radicalmente nel giro di pochi giorni. Il 31 Gennaio, il consiglio comunale si riunisce d'urgenza per discutere della questione. In un ordine del giorno approvato al termine della seduta, si invita l'amministrazione ad escludere dal programma Città Sottili "tutti coloro che sono stati segnalati dalla Questura e che non hanno rispettato il patto di legalità con il Comune di Pisa". In altre parole, il mandato del consiglio è quello di non aspettare la sentenza definitiva del giudice, ma di procedere immediatamente all'esclusione dal programma sulla base delle semplici segnalazioni di polizia.

Così, nel giro di qualche mese tutti i Rom segnalati vengono esclusi da Città Sottili: chi, in base a quel programma di accoglienza, aveva ricevuto un alloggio viene sfrattato, mentre chi era ancora in attesa di avere una casa viene "depennato" dalle liste. E a fare le spese di questi provvedimenti punitivi non sono soltanto gli indagati, ma anche le loro famiglie e i loro bambini. Per questi ultimi - denunciano ora i Rom - viene sospeso anche il servizio di scuolabus, finanziato con i fondi di Città Sottili.
Intanto, le indagini giudiziarie vanno avanti. E, a sentire i legali della difesa, molti imputati potrebbero uscire assolti dal processo perché estranei ai fatti: le forze dell'ordine avrebbero identificato le persone presenti negli alloggi o nei campi, senza distinguere tra chi era davvero coinvolto negli atti criminosi e chi, invece, era andato a trovare amici o parenti.
- Il punto di vista dei Rom. Ora, i rom macedoni e quelli kosovari hanno deciso di riunirsi - mettendo da parte il contrasto che li ha divisi l'anno scorso - e di convocare la stampa per far sentire la loro voce. «Fino ad ora», spiega Mahamuti Erizon, portavoce dei Rom, «di tutta la vicenda hanno parlato il Sindaco, gli assessori, i politici e i giornali: noi pensiamo di avere anche noi il diritto di esprimere il nostro punto di vista».
«Perché ci escludono dal programma Città Sottili», chiede ancora Mahamuti, «prima ancora che ci sia stata una sentenza del Tribunale?». «Siamo qui tutti insieme, macedoni e kosovari», prosegue il portavoce dei Rom, «per dire che non ci vogliamo sottrarre alla giustizia: non ci siamo nascosti, non stiamo scappando, abbiamo fiducia nei giudici e chi ha commesso reati pagherà i suoi conti».
Ma l'esclusione dal programma Città Sottili, secondo le comunità Rom, è profondamente ingiusta. In primo luogo, perché riguarda persone giudicate colpevoli prima ancora di una sentenza. In secondo luogo, perché coinvolge l'intero nucleo familiare. «Vogliamo chiedere al Sindaco», spiegano i diretti interessati - «se quando un cittadino fa uno sbaglio debba pagare l'intera famiglia per la colpa di uno solo. Se un italiano fa una lite con altri ed abita con la sua famiglia in una casa popolare, viene allontanato dall'alloggio con tutto il nucleo, figli piccoli compresi?».
Presenti alla conferenza stampa anche Padre Agostino Rota Martir, sacerdote cattolico che abita al campo di Coltano, e i volontari di Africa Insieme. Che denunciano le illegalità nell'operato dell'Amministrazione. «E' la nostra Costituzione», spiegano, «a stabilire che la responsabilità penale è personale, e non coinvolge le famiglie, e deve essere accertata con un regolare processo». di Sergio Bontempelli

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