sabato 4 luglio 2009

Nel deserto dei valori non c'è pietà - parte 3

Allora chiedo: perché la sinistra, quando stava al governo e aveva possibilità di influire sulla tv e la scuola, non ha mai spiegato queste cose? Perché da anni l’immigrato diventa immagine mediatici solo quando delinque o arriva con una carretta del mare? Perché l’enorme lavoro nell’edilizia, nei servizi, persino nell’assistenza domiciliare degli anziani, non ha mai assunto dignità di notizia? Perché non sappiamo nulla di questo arcipelago del lavoro?
 
E ancora: perché non si è tolta dall’oleografia la memoria della nostra emigrazione per raccontare questo grande epos collettivo in termini reali? Perché non si riparla di quello che una volta si diceva all’estero di noi italiani in braghe di tela?

Come mai questa memoria – come quella dell’esodo istriano – non ha mai trovato uno Spielberg che la raccontasse, togliendola dalla manipolazione dei raccoglitori di voti? E com’è possibile capire l’immigrazione, se non abbiamo coltivato la memoria nemmeno della nostra emigrazione e dei nostri sradicamenti?
 
Perché la sinistra ha rincorso la destra sugli immigrati? Ricordo che i Ds all’ultima campagna elettorale mi invitarono a Padova a parlare di “Immigrazione, delinquenza e prostituzione”. Ovviamente rifiutai, per l’impresentabile accostamento. La sinistra, era chiaro, era condannata a perdere. Quelli di sinistra non l’avrebbero votata. Gli altri figurarsi. Avrebbero votato Destra. Tra l’originale e una controfigura, uno sceglie sempre l’originale.

Perché nessuno ha spiegato ad alta voce che l’allarme immigrati è sponsorizzato proprio da quelli che si servono dei clandestini, cioè delle forze dell’economia debole che regge solo schiacciando il costo del lavoro? Succede a Milano, governata dalla destra, ma anche a Reggio Emilia, centro tessile governato dalla sinistra. Anche lì, omertà. Nessuno denuncia i nuovi schiavi ammassati negli scantinati, lo sfruttamento dei cinesi capaci di lavorare 24 ore al giorno. Nessuno spiega che la pressione su quei salari prima o poi finirà per ricadere sui nostri. 

Sul palazzo dell’Eur c’è scolpito dal Duce l’inno agli italiani “navigatori, santi, ecc”, e l’ultimo dei mestieri citati è “trasmigratori”. Mussolina non poteva dire “emigranti”, faceva pensare troppo a toppe nel culo e a valigie di cartone. Fu una mistificazione geniale. Visto che nessuno dice cose di sinistra, torniamo a quella parola fascista. Può tornare utile. Può aiutarci a chiamare allo stesso modo quelli che partono e quelli che arrivano. Capire che immigrati ed emigranti fanno parte della stessa macchina maledetta. Trasmigratori, vivaddio. Di Paolo Rumiz

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