venerdì 3 luglio 2009

Tar Lazio, no alle schedature e stop ai nuovi regolamenti di Milano e Roma per i "campi nomadi"

Il TAR Lazio accoglie parzialmente il ricorso presentato dall'European Roma Rights Center contro il D.P.C.M. del 21.05.2008 e le relative ordinanze in materia di dichiarazione dello stato di emergenza in relazione agli insediamenti di comunità nomadi in diverse regioni italiane, nonché in relazione ai regolamenti adottati dai Prefetti di Roma e Milano per la gestione dei villaggi attrezzati per le comunità nomadi nella Regione Lazio e nel territorio del Comune di Milano.
Con la sentenza depositata il 1 luglio scorso (n. 06352/2009), il TAR Lazio ha accolto le censure proposte dai ricorrenti riguardo alla parte delle ordinanze presidenziali che ha previsto l'identificazione ed il censimento delle persone, anche minori d'età, e dei nuclei familiari presenti nei campi nomadi, attraverso rilievi segnaletici. Al riguardo, i giudici amministrativi hanno rilevato che tali norme risultano in contrasto con quelle di rango superiore in materia di libertà personale, di cui all'art 4 del T.U.L.P.S. n. 773/1931, secondo cui l'Autorità di Pubblica Sicurezza può disporre rilievi segnaletici solo nei confronti di persone pericolose o sospette o nei confronti di coloro che non siano in grado o si rifiutino di provare la loro identità. Così come formulate, le norme contenute nelle ordinanze presidenziali sarebbero suscettibili di consentire alle autorità preposte di effettuare identificazioni attraverso rilievi segnaletici e dattiloscopici, incluso dunque il prelievo delle impronte digitali, anche a prescindere dalle condizioni soggettive e circostanziali di pericolosità sociale o di fondato sospetto di coinvolgimento in attività criminose ovvero anche nei casi in cui gli interessati già possediano documenti identificativi. Questo risulterebbe in contrasto non solo con le norme interne vigenti, di cui al richiamato T.U.L.P.S., alle norme specificatamente poste a tutela dei minori, e a quelle poste a protezione dei dati personali (D. Lgs. n. 196/2003), ma anche con gli standard costituzionali ed internazionali in materia di rispetto dei diritti fondamentali attinenti alla libertà personale.

Il TAR sottolinea the la questione era già stata superata in concreto dalla previsioni contenute nelle "Linee guida" per l'attuazione delle ordinanze presidenziali, successivamente emanate il 17 luglio 2008 dal Ministero dell'Interno sotto la pressione delle organizzazioni per la difesa dei diritti umani e anche delle istituzioni europee ed internazionali, e nelle quali era stato precisato che i rilievi segnalateci sarebbero stati operati solo negli ristretti casi previsti dalla legislazione vigente e con speciali garanzie previste a tutela dei minori, nel rispetto degli standard costituzionali, europei ed internazionali. Tuttavia, anche dopo l'emanazione delle Linee guida, quale atto di indirizzo amministrativo, permaneva nell'ordinamento giuridico interno la validità formale della norma contenuta nelle ordinanze presidenziali, chiaramente illegittima ed in contrasto con i richiamati principi a tutela della libertà personale. Per tale ragione, il TAR dunque ha accolto sul punto il ricorso proposto dai ricorrenti.
Non si può, peraltro, mancare di sottolineare, che, stando a quanto affermato da ERRC, OsservAzione e Open Society Institute, che hanno condotto un monitoraggio sull'implementazione del decreto sull'emergenza nomadi del 21 maggio 2008, le operazioni di censimento si sarebbero di fatto discostate dalle linee guida emanate dal Ministero dell'Interno il 17 luglio 2008, ponendosi in violazione delle norme interne ed europee in particolare riguardanti la raccolta ed il trattamento dei dati personali. In un esposto presentato il 4 maggio scorso alla Commissione europea, le organizzazioni umanitarie rilevano che le operazioni di "censimento" sarebbero state estese nel corso dei mesi di marzo ed aprile 2009 anche a "campi nomadi" collocati fuori dalla regioni previste inizialmente dal decreto, con rilievi segnaletici operati, in particolare nel Veneto, nei confronti di persone di etnia Rom e Sinti anche di cittadinanza italiana e titolari di regolare documentazione identificativa e dunque in sostanziale violazione delle norme vigenti. Secondo le organizzazioni per la difesa dei diritti umani dei Rom, ciò sembrerebbe indicare la volontà del Ministero dell'interno di creare un data-base della popolazione rom e sinta fondato su un criterio di pericolosità sociale collegato alla condizione stessa di appartenente ai gruppi etnici indicati o associato ai medesimi, cioè su un sostanziale criterio di categorizzazione etnica. Come ribadito ora anche dal TAR Lazio, eventuali operazioni di identificazione mediante rilievi segnaletici condotte nei confronti di persone di etnia Rom a prescindere dai criteri di pericolosità sociale, o del fondato sospetto del compimento di attività criminose in relazione alle circostanze di tempo e luogo ovvero del mancato possesso di documenti identificativi, sarebbero in contrasto con l'ordinamento giuridico in materia di libertà personale.
Il TAR Lazio, inoltre, ha inoltre annullato alcune parti del Regolamento delle aree destinate ai nomadi nel territorio del comune di Milano, adottato dal Prefetto di Milano quale commissario delegato per l'emergenza nomadi in Lombardia, nonché del Regolamento per la gestione dei villaggi attrezzati per le comunità nomadi nella Regione Lazio, adottato dal Prefetto di Roma quale delegato per l'emergenza nomadi nel territorio della Regione Lazio. Tali regolamenti stabilivano, tra l'altro, misure restrittive all'accesso delle persone nei centri attrezzati destinati ai nomadi, alle possibilità di ricevere visite da parte di amici e famigliari, subordinavano l'ammissione e la permanenza in detti centri alla sottoscrizione di atti di impegno al rispetto di disciplinari interni emanati dai Comuni, stabilivano l'obbligo per le persone residenti in detti centri di esibire una tessera di riconoscimento e l'obbligatorietà all'avviamento a percorsi lavorativi e formativi. Secondo il TAR Lazio, tali misure appaiono incompatibili con fondamentali libertà costituzionali quali la libertà di circolazione e di soggiorno di cui all'art. 16 Cost., la libertà di scegliere la propria attività lavorativa, il diritto alla privacy e al godimento delle relazioni familiari senza interferenze ingiustificate da parte dei poteri pubblici.
Il TAR Lazio ha invece respinto i rilievi mossi dalle organizzazioni ricorrenti secondo cui la dichiarazione di stato di emergenza con riferimento agli insediamenti di comunità nomadi nelle regioni interessate sarebbe in contrasto con le norme internazionali, europee ed interne in materia di eguaglianza e divieto di discriminazioni razziali. Secondo il TAR Lazio, invece, lo stato emergenziale dichiarato in Italia sarebbe stato giustificato dalla presenza di oggettive situazioni di pericolo, anche e soprattutto per la stessa popolazione nomade, sotto i profili igienico-sanitari, socio ambientale e della sicurezza pubblica, derivanti degli insediamenti, in larga misura abusivi, così come gli interventi prospettati dal governo sarebbero in linea con gli indirizzi espressi dagli organismi comunitari a favore dell'integrazione sociale e del contrasto all'emarginazione sociale delle comunità Rom in Europa (Presidenza del Consiglio europeo dd. 14 dicembre 2007, Risoluzione del Parlamento europeo dd. 31 gennaio 2008 su una strategia europea per i Rom). Ugualmente, le altre parti dei Regolamenti per la gestione dei nuovi insediamenti o villaggi predisposti dai commissari straordinari risponderebbero alle finalità di integrazione sociale delle comunità nomadi e agli obiettivi di garantire standard adeguati sotto il profilo sanitario, sociale ed assistenziale. Pertanto, le limitazioni in essi previste a carico delle persone residenti in detti centri risponderebbero ad un ottica di bilanciamento di interessi e valori parimenti meritevoli di tutela. da ASGI

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