Legge e razzismo saranno al centro di un incontro, questa sera alle 17.45 nella sala Refettorio della Camera dei deputati, in via del Seminario, destinato a presentare l'ultima opera del professor Ernesto De Cristofaro Codice della persecuzione – I giuristi e il razzismo nei regimi fascista e nazista. L'autore, ricercatore di Profili della cittadinanza nella costruzione dell'Europa e di Storia del diritto medievale e moderno della facoltà di Giurisprudenza di Catania, interverrà alla presentazione.
“Trovo interessante il confronto doppio fra le due legislazioni razziste, l'analisi fra gli atteggiamenti dei giuristi dei due Paesi, la comparazione fra i regimi aiuta a capire meglio sia l'uno che l'altro”, commenta il direttore del Centro di Documentazione Ebraica Contemporanea, lo storico Michele Sarfatti che interverrà, fra gli altri, alla serata.
Il professore Luigi Ferrajoli, insegnante di Teoria generale del diritto all'Università di Roma Tre, il professor Guido Neppi Modona, giudice della Corte Costituzionale e Salvatore Mazzamuto professore di Diritto privato all'Università di Roma Tre sono gli altri giuristi che parteciperanno all'incontro.
“Quella di questa sera sarà l'occasione per chiedere delucidazioni all'autore sulle differenze nella configurazione del diritto razzista antisemita in Italia e Germania”, ha detto ancora Sarfatti.
Come si è venuto a creare il diritto razzista? Quali le forme e i modi in cui tale progetto è venuto sviluppandosi? E soprattutto quale il ruolo dei giuristi? Questi alcuni degli argomenti da approfondire.
«[…] Se è corretto riferirsi al razzismo come a una "forma di ingegneria sociale" e dire che esso "acquista i suoi caratteri specifici solo nel contesto fornito dal progetto di una società perfetta e dall'intenzione di realizzarlo attraverso sforzi pianificati e coerenti, occorre tener conto, sullo sfondo di questa pianificazione, del peculiare ruolo svolto da una categoria, quella dei giuristi, che coglie con questa scelta non solo l'opportunità di ingraziarsi il potere, ma altresì l'occasione di restituire al proprio canone epistemico lo smalto di un'antica tradizione, segnata dalla centralità nella composizione dell'architettura sociale [...]» così recita un inciso dell'introduzione al volume.
Altro tema centrale, come anticipato da Sarfatti, il confronto: «[…] Con la politica razziale che solo in Italia (e anche in questo contesto, con riserve su cui si avrà modo di tornare) può essere qualificata alla stregua di una svolta ideologica, essendo la stessa molto esplicitamente annunciata in tutti i documenti teorici del partito nazista, si crea un decisivo piano di confronto.
Le matrici teoriche del razzismo attingono alle scienze mediche e biologiche e promuovono l’idea che la specie umana si possa coltivare e selezionare come avviene con l’allevamento degli animali, che la fertilità possa aumentare e l’incidenza di determinate patologie diminuire. Il nazismo e, successivamente, il fascismo si rivolgono a questi saperi, ne accreditano le acquisizioni e le utilizzano come vessillo di una nuova idea di ordine sociale: un ordine fondato sulla gerarchia, sulla forza, sulla prevalenza dei meglio dotati e la marginalizzazione e progressiva cancellazione degli individui meno riusciti, delle “vite di minor valore”, dei nemici della salute pubblica.
Questo tema, come detto fortissimamente avvertito nella Germania hitleriana, si introduce assai più lentamente in Italia, ma in entrambi i paesi finisce per visualizzare l’ebreo come il pericolo per antonomasia: da secoli inviso all’Europa cristiana, additato sulla base di frusti quanto granitici stilemi come incarnazione dell’avidità e del parassitismo e, finalmente, qualificato come estraneo e portatore di un bagaglio genetico tarato attraverso l’utilizzo delle categorie scientifiche che individuano nelle razze altrettanti ceppi omogenei al loro interno quanto separati da altri diversamente composti.
La scienza giuridica non trae da sé la questione razziale, ma concorre, con i suoi strumenti concettuali, a garantire il suo mantenimento come questione generativa di senso, ossia come questione fondata sulla “costituzione di un orizzonte unico di oggettività”, laddove questo si può definire come “il meccanismo delle regole che rendono possibile per un dato periodo la comparsa di oggetti: oggetti che vengono delimitati da misure di discriminazione e di repressione, oggetti che si differenziano nella pratica quotidiana. nella giurisprudenza, nella casistica religiosa, nella diagnosi medica”.
Certamente, sul piano dei vincoli concreti il diritto ha operato le divisioni e i trattamenti differenziali conseguenti alla classificazione biologica delle razze ma, una volta accolto il dato per cui tocca sempre anche ai giuristi in veste di esperti burocrati stabilire chi e perché appartenga all’una o all’altra utilizzando metodi e schemi in cui la pratica religiosa può finire (come è accaduto) per sovrapporsi all’indagine bio-genealogica onde evitarne un regresso interminabile, bisognerà aggiungere che è proprio all’interno della discorsività giuridica specificamente considerata che il tema mostra una densità teorica tutt’altro che secondaria. […]»
Il professor Ferrajoli, dal canto suo, sottolinea che uno degli elementi più importanti del libro è “quello di tentare di tracciare un'antropologia del razzismo europeo, un'analisi delle radici del razzismo e dell'antisemitismo aiuta a difendersi dai pericoli attuali, perché il razzismo e l'antisemitismo sono sempre presenti e l'autoanalisi trovo che sia l'elemento centrale di questo studio”. di Valerio Mieli, l'Unione informa 16 giugno 2009 / 24 Sivan 5769
Nessun commento:
Posta un commento