
In realtà non sono solo i nostri giornali a passarsela male, la crisi sta toccando la stampa a livello internazionale. Le notizie, in particolare grazie a internet, arrivano in tempo reale, sappiamo subito cosa succede all'altro capo del mondo. "Stavo guardando la televisione - racconta il presidente Del Boca - quando ho visto che in Argentina si stava svolgendo una protesta di piqueteros (principalmente disoccupati) che manifestavano davanti alla Casa Rosea, il Parlamento argentino. Ho chiamato dei miei amici che stavano a Buenos Aires per capire cosa stava succedendo e questi erano assolutamente all'oscuro di tutto".
Altro esempio, ricorda, è l'11 settembre. Quanti, si chiede, hanno ricevuto la notizia tramite amici o parenti che dicevano " Hai visto cos'è successo? Presto accendi la televisione". Le notizie corrono nell'aria e per i giornali è difficile stare al passo, uscire con una notizia ventiquattro ore dopo l'accaduto quando già tutti sanno è evidentemente un problema. L'informazione è vecchia ancora prima di uscire.
Che futuro si prospetta dunque per la carta stampata? Dobbiamo scriverne il necrologio o c'è una possibilità di sopravvivenza? Del Boca presenta due tesi: da una parte il sociologo Philip Meyer che parla di Vanishing Newspaper e prospetta la progressiva scomparsa dei giornali cartacei. Dall'altra il professor Derrick de Kerckhove secondo cui una nuova tecnologia non necessariamente assorbe quella precedente, basti pensare alla bicicletta che sopravvive nonostante auto e motorini imperversino nelle nostre strade.
La soluzione di Del Boca è impegnativa, ma possibile e si rivolge soprattutto ai giornalisti: non potendo combattere con il tempo, bisogna puntare alla qualità. L'affermazione "un giornalista non si fa con la testa ma con i piedi", dice, è anacronistica. Chi scrive deve avere una profonda conoscenza della questione, in modo da presentare al lettore una chiave interpretativa chiara e definita che renda agevole la comprensione degli eventi. Il giornalista non può più essere un tuttologo ma deve costantemente aggiornarsi e studiare. "Nessun chirurgo - conclude - opera con le tecniche apprese all'inizio della sua carriera".
Insomma, la situazione è assai poco rosea ma non serve cadere in inutili catastrofismi. Il futuro della professione è nelle mani dei giornalisti e le nuove generazioni devono darsi da fare per dare al lettore quel buon liquore a fine pasto. di Daniel Reichel, l'Unione informa 28 luglio 2009 - 7 Av 5769
Nessun commento:
Posta un commento