Caro Presidente Napolitano, sono un cittadino italiano, giornalista, segretario del Movimento Nonviolento (la storica associazione fondata nel 1961 da Aldo Capitini, filosofo “persuaso” della nonviolenza).
Le scrivo a proposito del cosiddetto “pacchetto sicurezza” approvato dal Senato lo scorso 2 luglio. Già molte voci autorevoli si sono levate per chiederLe di non ratificare tale normativa. Desidero aggiungere anche quella del Movimento Nonviolento. Dice Capitini che la nonviolenza è «apertura all'esistenza, alla libertà, allo sviluppo del vivente». In questa definizione c'è il rifiuto della violenza diretta, quella che attenta addirittura all'esistenza dell'altro, e in ogni caso ne nega la libertà e condiziona lo sviluppo. Le norme contenute nel “pacchetto sicurezza” attentano all'esistenza, alla libertà, allo sviluppo di tutte quelle persone che da altri paesi impoveriti cercano ospitalità nel nostro paese e che invece ora rischiano di trovarsi in una condizione di clandestinità.
Ma senza scomodare la nonviolenza, a noi pare che alcune parti del “pacchetto sicurezza” siano in palese contrasto con l'articolo 10 della Costituzione italiana e con la Convenzione di Ginevra del 1951 recepita dal nostro ordinamento.
Pur nel pieno rispetto della Sua autonomia, Signor Presidente, Le vogliamo far conoscere il nostro ponderato parere. Le chiediamo, pertanto di rinviare alle Camere il provvedimento chiedendone la modifica. La civiltà giuridica del nostro paese non può essere calpestata da una pseudocultura razzista che con preoccupazione vediamo emergere ed imporsi nel paese.
«Non vogliano un'Italia multietnica» (presidente del consiglio, Berlusconi); con i clandestini «bisogna essere cattivi» (ministro dell'interno, Maroni); sulla metropolitana di Milano «posti riservati ai milanesi ed alle persone perbene» (deputato al parlamento, Salvini), perché «Milano sembra una città africana» (ancora Berlusconi): sono solo alcune delle formule utilizzate dai vertici del potere italiano, in queste ultime settimane, per delineare la costituzione materiale razzista del nostro paese - antitetica a quella in vigore - incontrando il favore di una parte consistente della “gente”.
Ci rivolgiamo a Lei, Signor Presidente, nel Suo ruolo di custode ed autentico interprete della Costituzione scritta e in vigore: tutti noi, cittadini italiani, singoli o associati, siamo tenuti a difenderla quando, come in questo caso, essa sia minacciata da norme eversive e anticostituzionali.
Ci affidiamo a Lei, signor Presidente Napolitano, certi di trovare attento ascolto. Cordiali saluti, Mao Valpiana
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