«Quello di Napolitano non è un attacco al governo, piuttosto una critica al metodo di lavoro del Parlamento». Il costituzionalista Achille Chiappetti (nella foto), ordinario di Diritto pubblico alla facoltà di Scienze politiche dell’università «La Sapienza» di Roma, commenta così la lettera del Quirinale che accompagna la promulgazione della legge sulla sicurezza.
Di Pietro ed esponenti di sinistra dicono che il Capo dello Stato, viste le sue perplessità, non doveva firmare queste norme. È così?
«No, Di Pietro e gli altri hanno torto. Perché il Presidente della Repubblica conferma la piena costituzionalità della legge e la sua opportunità. Al tempo stesso, sottolinea la sua eterogeneità, ma questo non è certo un motivo per respingerla».
Vuol dire che i suoi appunti non riguardano la sostanza, ma la forma di queste norme?
«Napolitano non entra nel merito della legge, ma riconosce che è necessaria ed ampiamente condivisa in Parlamento. Quando parla di eterogeneità e di scarsa omogeneità si riferisce a principi non costituzionalmente imposti, ma ai quali un buon legislatore dovrebbe attenersi. Soprattutto, per non lasciare troppo margine all’interpretazione discrezionale dei magistrati. Infatti, il Capo del governo che guida anche il Csm, parla di dubbia coerenza non con la Costituzione - e questo avrebbe comportato la bocciatura -, ma con i principi dell’ordinamento e del sistema penale».
Nelle osservazioni di Napolitano c’è una critica all’esecutivo, cui sono indirizzate?
«No, si tratta di osservazioni che non hanno rilievo politico, ma solo tecnico. Riguardano il metodo di formazione della legge e sono commisurate ad un modello ideale del lavoro parlamentare. In sostanza, una critica ai provvedimenti omnibus, in cui entra di tutto nel corso dell’iter parlamentare. E questo problema esiste da decenni».
Che cosa vuole suggerire il Quirinale al governo e al Parlamento?
«Di tenere sotto controllo queste norme ed usare gli strumenti a disposizione, dai regolamenti di attuazione a nuove iniziative legislative, per sanare i problemi di interpretazione e applicazione e dare maggiore chiarezza alle disposizioni, evitando anche fratture nella sistematicità delle norme».
È inusuale un intervento del genere?
«Non mi sembra nulla di clamoroso: gli interventi del Presidente della Repubblica sul governo si sono moltiplicati da quando c’è il bipolarismo. Con il nuovo sistema elettorale nasce anche un ruolo più diretto di rapporto con l’esecutivo, diventato ormai prassi. Si colma così un vuoto politico dovuto alla maggiore distanza e mancanza di collaborazione tra maggioranza e minoranza. La lettera è molto costruita ed equilibrata, direi di politica legislativa. Dimostra l’estrema attenzione di Napolitano e non può essere criticata, né nasconde un significato diverso di quel che appare. Il Presidente, di fatto, ha colto l’occasione di questa legge per indicare a governo e Parlamento un certo metodo di lavoro».
L’opposizione, però, l’interpreta come un avallo alle sue critiche alle norme.
«Semmai, dovrebbe interpretarlo anche come una critica al lavoro dell’opposizione, che avrebbe potuto contribuire a migliorare la legge con una critica costruttiva e non cieca e bieca. L’accusa è all’intero Parlamento, c’è una corresponsabilità di tutti». di Anna Maria Greco
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